Da quando si è insediato alla guida degli amaranto, la sua Reggina è ancora imbattuta. Con due preziosi pareggi contro Napoli e Fiorentina - comunque stretti ai calabresi - e una cruciale vittoria a spese del Genoa, Renzo Ulivieri, decano dei tecnici italiani con i suoi 67 anni alle porte, e maestro di Walter Mazzarri, si è riseduto alla grande su una panchina di massima serie dopo quattro stagioni d'astinenza, riassestando e rianimando una formazione data quasi per spacciata. Renzaccio da San Miniato, d'altronde, in tema di sostituzioni di colleghi esonerati non è quasi secondo a nessuno - lo batte soltanto Nedo Sonetti, più “giovane” di lui di soli 23 giorni, recordman con addirittura 13 “rimpiazzi” - e a subentrare in corsa pare particolarmente avvezzo. Lo fece già nell'Empoli, C2 '73-74, per la prima panchina assoluta da professionista; lo fece nel Parma portato in Champions nel 2001; lo fece soprattutto nella Sampdoria, Serie B '81-82, quando il presidente Paolo Mantovani (dalla Svizzera) e il suo plenipotenziario Claudio Nassi lo chiamarono dopo cinque giornate al posto di Riccomini. Il giovane e sostanzialmente inesperto Ulivieri, storico iscritto al Pci, reduce da un flop perugino, non si lasciò scappare l'occasione. E i risultati gli diedero ragione.
Era il Doria operaio della corsa di capitan Ferroni, delle geometrie di Nano Roselli e della quantità di Pat Sala, della generosità di Gianfranco Bellotto e del carisma di Sandro Scanziani, della vivacità di Garritano e della straordinaria potenza di Mazinga Guerrini, della tecnica discontinua di Nick Zanone e della piacevolissima conferma del baby Luca Pellegrini. Era il Doria che, sapientemente organizzato da quel toscanaccio alto, baffuto e un po' stempiato accovacciato in quella che oggi si chiama “area tecnica”, raggiunse la semifinale di Coppa Italia e riconquistò la Serie A al quinto tentativo, posizionandosi al secondo posto in classifica alle spalle del Verona e a pari-merito col Pisa.
Un Doria, quello del compagno Ulivieri, che si permise il lusso di recitare il ruolo di matricola terribile anche nel massimo campionato. Memorabile si rivelò infatti l'avvio di stagione 1982-83 con la Juve scudettata di Platini e dei freschi Campioni del Mondo, l'Inter di Hansi Müller e Altobelli e la Roma di Pruzzo e Falcão, futura vincitrice del titolo, regolate di misura da Ferroni e compagni. I compagni che Mantovani e il nuovo diesse Paolo Borea avevano aggiunto al gruppo della promozione erano sì di prim'ordine - il centravanti della nazionale inglese Trevor Francis, il regista irlandese neo-scudettato bianconero Liam Brady, l'astro nascente del pallone nostrano Roberto Mancini: campioni che a Marassi non si erano ammirati se non con maglie differenti - ma nessuno avrebbe attesa una partenza tanto fulminante. Va da sé che il prosieguo della stagione non poté mantenersi su quei livelli: l'inesperienza alla categoria (Mancini, Pellegrini), l'incostanza (Chiorri) e alcuni guai fisici (Francis su tutti, ma anche Rosi, Zanone e Vullo) non consentirono ai blucerchiati di entrare nelle piazze che contano ma permisero di conquistare un comunque onorevole settimo posto.
Fu così che Ulivieri si guadagnò la riconferma per un'altra stagione '83-84, l'ultima al Doria. L'ultima perché nonostante gli acquisti (Vierchowod, Pari, Bordon, Galia, Marocchino) ed un passivo di mercato di 3 miliardi e mezzo di lire, Mantovani, assolto dai guai giudiziari e di ritorno dall'esilio elvetico, non fu soddisfatto del sesto posto finale in coabitazione con Milan e Verona. Per volontà del presidente, le strade di Renzaccio e della Samp si separarono allora senza rancori. E le seguenti, ironiche ma sincere parole di Ulivieri (“Ho imparato molto da Paolo Mantovani: come gestire la squadra, i rapporti con l'ambiente e con i tifosi. Da un certo punto di vista avrei dovuto io... pagare lui”) non fecero altro che dimostrarlo appieno.
Federico Berlingheri
(Il Giornale, 29 novembre 2007)
giovedì 29 novembre 2007
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2 commenti:
Ciao sono Giovanni. Scrivi molto bene, ho visto anche su goal.com. Ho una domanda per te. Io sono molto appassionato di giornalismo sportivo, collaboro ogni tanto con un giornale locale e da poco ho iniziato con un sito internet...tu cosa puoi consigliarmi per entrare in qualche modo in questo mondo? Ti lascio comunque il mio contatto nel caso ti vada di scrivermi: haidimoro@hotmail.it
P.S. Forza Samp
Ciao Giovanni,
innanzitutto grazie. Per l'esperienza - poca - che ho, ti posso consigliare di collaborare per due anni ininterrotti con un quotidiano, un periodico o una rivista in grado di retribuirti. Questo è il primo passo verso il giornalismo professionistico, passo in grado di farti avere il tesserino da giornalista pubblicista. Poi occorreranno i mesi da praticante e poi l'esame per diventare professionista. Insomma, la strada è lunga e in salita - a partire dalla ricerca di una testata che ti permetta di scrivere pagandoti... -, ma con tanta passione e buona volontà non è detto che non ci si possa riuscire.
In bocca al lupo!
Passa ancora se ti va.
Ciao, F.
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