martedì 31 marzo 2009

Arrivederci Claudio: Bellucci sotto i ferri, in campo a luglio

BOGLIASCO (GE) - Un altro epilogo di campionato da vivere da spettatore, senza scarpini chiodati ai piedi e quella maglia numero 11 appesa all’attaccapanni dello spogliatoio. La iella e Claudio Bellucci, un rapporto che in questi mesi blucerchiati non sembra avere soluzione di continuità. Nella mattinata di ieri, il centravanti blucerchiato è stato infatti sottoposto ad un intervento chirurgico al ginocchio sinistro a causa di una lesione osteocondrale.

L’operazione in artroscopia, programmata la scorsa settimana dai responsabili sanitari della Sampdoria, è stata eseguita in una clinica di Anversa dal professor Marc Martens, lo stesso che lo scorso maggio aveva ricostruito a Bellucci il tendine d’Achille della gamba destra. Proprio come un anno fa l’arrivederci dovrebbe slittare all’inizio della prossima stagione, presumibilmente in occasione del ritiro estivo 2009-10, visto che per questo genere di interventi si prevedono almeno 3 mesi di stop. Intanto Bello - per la terza volta sotto i ferri da quando è tornato al Doria - comincerà la fase di riabilitazione già a partire dai prossimi giorni.

I suoi compagni, invece, in vista del prossimo impegno casalingo contro il Napoli di Donadoni, sono tornati ad allenarsi nel pomeriggio di ieri. Gruppo a ranghi ridotti per Walter Mazzarri, ancora orfano degli 8 nazionali (Palombo, Pazzini, Padalino, Ziegler, Dessena, Da Costa, Marilungo e Mustacchio) a spasso per l'Europa e di Marius Stankevicius, ancora alle prese con la fascite plantare al piede sinistro.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 31 marzo 2009)

sabato 28 marzo 2009

Montenegro-Italia, tra doriani ed ex c'è anche Zoran Filipovic

Blucerchiati di oggi (Palombo e Pazzini), risaputi blucerchiati di ieri (Quagliarella, Lippi, Pezzotti e Bordon). Ma questa sera a Podgorica, in occasione della sfida verso Sudafrica 2010 tra Montenegro e Italia ci sarà un altro tassellino di storia della Sampdoria, forse sconosciuto ai più. Ad allenare la neonata selezione balcanica è infatti una vecchia conoscenza doriana. Si tratta di Zoran Filipovic, 56enne c.t. montegrino ed ex bandiera della Stella Rossa Anni 70, il quale nella stagione 1997-98 affiancò Vujadin Boskov alla direzione tecnica dei blucerchiati.

Il 12 novembre del ’97 il vecchio Vuja e il suo collaboratore vennero chiamati dall’allora presidente Enrico Mantovani in sostituzione di César Luis Menotti, el Flaco esonerato qualche ora prima. Il duo jugoslavo traghettò il Doria ad un onorevole ottavo posto finale e, a causa di una squalifica di Boskov, il vice Filipovic si tolse pure la soddisfazione di collezionare una panchina in occasione di Bari-Sampdora del 22 marzo ’98, 0-1 blucerchiato firmato Vincenzo Montella.

Federico Berlingheri

venerdì 27 marzo 2009

Derby della Solidarietà: Genova in campo contro la Sla

GENOVA - Ci siamo. Manca davvero poco all’ennesimo calcio che il mondo del pallone vuole dare alla sclerosi laterale amiotrofica, il morbo di Lou Gehrig oggi più noto come Sla. L’appuntamento è al “Luigi Ferraris” di Genova, dove alle 20,30 di questa sera i riflettori si accenderanno per il Derby della Solidarietà, evento animato dall’ex rossoblù Marco Nappi con la collaborazione delle due società.

Genoa e Sampdoria di ieri e di oggi saranno in campo insieme per la ricerca, per la Fondazione Stefano Borgonovo, la Gigi Ghirotti e contro la stronza. Così la chiama appunto l’ex centravanti viola, che da quella terribile malattia degeneritiva e progressiva del sistema nervoso è affetto, proprio come lo fu il compianto Gianluca Signorini, indimenticato da queste parti a prescindere dai colori.

Da una parte giocheranno Cassano, Mancini, Vierchowod, Pagliuca, Mannini; dall’altra Skuhravy, Gasperini, Eranio, Ferrari, Nappi, Sculli e tanti altri protagonisti del passato e del presente rossoblucerchiato. Insomma, oltre alla nobile causa della beneficenza, tra i torrioni rosso scarlatto di Marassi, ci sarà da divertirsi.

Federico Berlingheri

domenica 22 marzo 2009

Promossi & Bocciati di Torino-Sampdoria

Cassano: Novellino (ora rischia... Voto 5) ci mette del suo, lasciandolo libero di scorazzare felice nella metà-campo granata per buona parte della partita. Tra i fischi di chi - a torto - lo considera già prossimo avversario nei derby della Mole, Peter Pan ringrazia e mette la firma - e che firma! - sul secondo volo esterno blucerchiato in questo campionato. Zampino nel vantaggio di Pazzini (palla a Franceschini), assist per il raddoppio di Sammarco e sigillo personale: è un bel Cassano (che solo Lippi pare ignorare)! Voto 8

Mazzarri&Russo: Il primo polverizza pacchetti di sigarette in un gabbiotto della Tribuna; il secondo si agita e sbraita tarantolato dall’area tecnica. Dopo aver strapazzato l’Inter in Coppa Italia, il tandem portafortuna funziona ancora nella Torino granata: non sarà un bello spot per le campagne anti-fumo ma per il Doria si riconferma assai efficace. Voto 7,5

Bianchi: Una perla di tacco e poco altro. Non bastano, al prode Rolando, la grinta e l’ardore per prendere le sembianze del paladino da opporre alle armate della Retrocessione. Voto 6

Pazzini: Non vive uno di quei pomeriggi da segnare col circoletto rosso nella bacheca della memoria ma gli bastano meno di dieci minuti per segnare la rete numero 11 in 12 partite blucerchiate, rete che rimpingua una media-gol da Pazzo e che lo catapulta - a pieno titolo - tra i papabili azzurri di questa sera. Voto 6,5

Dzemaili: Fosforo balcanico da vendere, precisione svizzera da rivedere. Voto 6

Il Toro: Senza un gioco né geometrie, contestato dai propri sostenitori, desolatamente penultimo, raggiunto oggi anche dal Lecce, non pare il momento di sciorinare altri pistolotti sul cuore granata e sull’orgoglio figlio del “Filadelfia”. Gran Torino resta un film di Clint Eastwood - peraltro molto bello - e nulla più. Voto 4,5

Lucchini
: Prende per mano la difesa, prende ogni palla che capiti dalle sue parti. Poi ne prende una alle parti basse ma si rialza come se nulla fosse. Il Coro voci bianche di Lodi potrà contare su un nuovo effettivo; la Sampdoria su un baluardo oggi quasi inespugnabile. Voto 6/7

Sammarco: E poi finalmente tu... Voto 7

Pisano
: Non è un centrale e lo si intuisce ben presto. Vedere per credere il vantaggio di Pazzini. Voto 5--

Federico Berlingheri
(Goal.com, 22 marzo 2009)

giovedì 19 marzo 2009

Serie D, turno magro per le liguri: Spezia bloccato a Biella, Sestrese ko

GENOVA - Se Sestri piange, Spezia non ride. È questo, in estrema sintesi, il quadro nel girone A della Serie D al termine della trentesima giornata. Il turno infrasettimanale che ha visto lo Spezia pareggiare 0-0 in casa della capolista Biellese e la Sestrese soccombere a domicilio (1-2) a opera del Derthona lascia invariata la situazione in testa e in coda, dove stazionano rispettivamente aquilotti e verdestellati.

Non è bastato, al “Vittorio Pozzo” di Biella, il calore e l’entusiasmo di oltre 500 sostenitori spezzini per trascinare i bianconeri di Marco Rossi alla vittoria e avvicinarli agli altri bianconeri - ieri in maglia gialla -, quelli di Luca Prina, in vetta alla classifica a +4 sui liguri. Forte del vantaggio, la Biellese parte spedita: passano 37’’, Bottone scappa sulla destra e centra per Ferretti, Salvalaggio lo anticipa in scivolata spedendo la palla sulla traversa. Sfiorata l’autorete, lo Spezia prova a rialzarsi con Lazzaro ma il suo colpo di testa si spegne sul fondo. È un fuoco di paglia perché in attacco gli aquilotti paiono troppo leggeri; sull’altra sponda, Torromino, talentuoso 10 crotonese, fa il bello e cattivo tempo: occasioni però se ne vedono poche.

Al 35’ il numero 1 spezzino Bertagna respinge in bagher una conclusione di Ferretti e si supera a inizio ripresa su deviazione fortuita di Nicolosi, prima che Salvalaggio salvi sulla linea e colpisca il secondo autolegno di giornata. Non sembra giornata per lo Spezia e mister Rossi tenta di rivitalizzare i suoi inserendo Herzan proprio per Salvalaggio. Più coraggio per gli aquilotti e Innocenti, al 60’, ci prova dalla lunetta del limite dell’area: l’estremo laniero Mordenti vola e annienta. È questo il penultimo sussulto di una gara equilibrata che si chiude di fatto al 75’ con un gol - forse valido - annullato a Ferretti, un rosso nel recupero per l’intemperante Torromino e la festa biellese per un primato ancora in cassaforte a 8 turni dal termine.

Saranno 8 turni di passione quelli della Sestrese, uscita con le ossa rotte dal “Giuseppe Piccardo” e sempre più penultima. Eppure, dopo il botta e risposta in avvio - al vantaggio nero firmato dal mediano di scuola Doria Albrieux ha risposto, due minuti più tardi, una magica punizione di Glauda -, sembrano i verdestellati del Principe Balboni, sempre padroni della manovra e vicini al secondo gol con capitan Ramenghi su cross dalla sinistra di Garrasi, i candidati più autorevoli ad avere la meglio. Nella ripresa, però, dopo il 2-1 mancato da Sigona a tu per tu con Corti, il Derthona si fa forte con Spinaci, che al 66’, in contropiede, firma il definitivo successo piemontese.

Gli altri risultati della trentesima giornata: Casale-Rivarolese 2-1, Cuneo-Lavagnese 1-1, Lottogiaveno-Cirié 1-0, Pro Settimo-Albese 1-1, Sestri Levante-Rivoli 0-1, Valle d’Aosta-Savona 2-0, Virtus Entella-Novese 3-0. La classifica: Biellese 60, Spezia 56, Casale 51, Sarzanese 48, Pro Settimo 46, Albese 45, Savona 44, Virtus Entella 42, Lavagnese 39, Rivoli 37, Cuneo e Rivarolese 35, Derthona e Sestri Levante 32, Lottogiaveno 28, Valle d’Aosta 24, Novese 23, Sestrese 20, Cirié 19.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 19 marzo 2008)

mercoledì 18 marzo 2009

Mascarinho delle prodezze

Da Meroni a Cassano, passando per Chiorri, Mancini, Pato Aguilera, Ortega e Flachi. Nella storia più o meno recente del calcio genovese, le storie di grandi e meno grandi dai piedi magici e raffinati accompagnati da caratterini poco inclini al conformismo e scarsamente avvezzi ad abbassare occhi e orecchie abbondano a dismisura. Dalle aspre e sassose colline del Ragusano che circondano Comiso, partì quella di un peperino da cineteca, il centravanti-spettacolo delle ultime settimane, uno che proprio a Genova approdò sì ma al momento sbagliato. Stiamo parlando di Giuseppe Mascara, un giorno detto Topolinik, oggi per tutti Mascarinho. Prima la prodezza da metà-campo nello storico derby col Palermo, poi un’altra da 39 metri al “Friuli”, domenica contro l’Udinese. Prima Amelia e poi Belardi letteralmente uccellati da due geniali capolavori di balistica che a questo folletto rossazzurro alle soglie dei 30 anni hanno impreziosito e - perché no? - cambiato la carriera.

Una carriera altalenante la sua, sempre all’insegna dei colpi ad effetto e delle intemperanze caratteriali, spesa più che altro in serie minori e tutta sui bollenti campi di quella che un tempo era la Magna Grecia. Tutta tranne - appunto - una fulminea puntatina al Nord, in un Genoa dallacostiano, sgangherato e bisognoso di liquidi, presentatosi sul mercato del gennaio 2003 con l'incombenza di cedere. Successe infatti che Marco Carparelli andò ad Empoli mentre Paul Codrea finì al Palermo. Dal capoluogo siciliano spedirono in cambio proprio Mascara, seconda punta tecnica, spettacolare e dalla giocata sempre in canna ma al tempo stesso suscettibile e impulsiva, reduce oltretutto da un grave infortunio e afflitta da numerose noie muscolari. Nel Grifone dell'accoppiata Torrente-Lavezzini, l’attaccante di Caltagirone riuscì a combinare ben poco: quasi sempre panchinaro, a fine stagione furono soltanto 13 le presenze racimolate e due, entrambi su rigore, i gol realizzati.

Due gol inutili, che a nulla valsero per evitare la seconda, mesta retrocessione in Serie C della storia del Grifone, passato nel frattempo nelle mani di Enrico Preziosi. Nella caldissima estate del 2003, il Genoa tornò però ad esultare: i rossoblù vennero infatti ripescati in seguito al caso-Catania e all'allargamento del campionato cadetto a 24 squadre. Un altro caso, quello che gli antichi chiamavano Fato, volle invece che il “nervoso” Mascara chiudesse ben presto l'esperienza genoana e finisse proprio al Catania, squadra della sua città, dove oggi - dopo aver riportato gli etnei in A dopo 22 anni di assenza, e nonostante le tre espulsioni più le sette ammonizioni nell’anno di esordio in massima serie - è leader indiscusso e bomber da cineteca. Anche perché, maturato e prossimo alla trentina, Mascarinho pare proprio aver messo la testa a posto.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 18 marzo 2009)

giovedì 12 marzo 2009

Gastaldello unico a parte nel giorno di "Pinella" Baldini

GENOVA - Primo vero bomber della storia della Sampdoria, primo marcatore nel primo derby della Lanterna, primo calciatore blucerchiato a essere convocato in Nazionale. Ieri, per il primatista Giuseppe Baldini, per tutti Pinella, è stato un giorno particolare. Classe 1922, l’ex centravanti dell’Attacco Atomico della neonata Sampdoria dei secondi Anni Quaranta, ha infatti spento 87 candeline e per tutta la famiglia sampdoriana - che lo ha festeggiato e ricordato sul sito ufficiale della società - la ricorrenza è stata di quelle da segnare con tanto di circoletto rosso sul calendario della memoria.

Nativo di Russi, provincia di Ravenna, Baldini arrivò a Genova al termine della seconda guerra mondiale perché acquistato dall’Andrea Doria. Da lì, prese parte all’avventura cominciata il 12 agosto del 1946: insieme col compagno Adriano Nano Bassetto, Pinella segnò a suon di gol le prime stagioni di vita della giovane Sampdoria, trascinandola, nel 1948-49, a uno straordinario quinto posto. Un anno ai cugini del Genoa - trasferimento che fece scalpore - e due al Como si rivelarono parentesi piuttosto infelici nella carriera di Baldini, il quale nel ’53 tornò a vestire il blucerchiato. Al Doria si fermò fino al ’55, dove in totale riuscì a realizzare la bellezza di 73 reti in 186 presenze. Niente male considerato che, a tutt’oggi, Pinella - di nuovo a Genova come allenatore a metà Anni Sessanta - rimane il quinto marcatore di sempre nella storia sampdoriana dopo Mancini (171), Vialli (140), Flachi (111) e Bassetto (93), suo compagno in quell’indimenticabile Attacco Atomico.

Intanto, un altro attacco che sta facendo e promette faville s’è allenato ieri sotto il cielo terso di Bogliasco. Antonio Cassano e Giampaolo Pazzini ricaricano le pile in vista della Roma e hanno svolto col resto del gruppo la seduta pomeridiana programmata da mister Mazzarri. Unico a parte Daniele Gastaldello alle prese con una forte contusione al polpaccio destro rimediata domenica al “Dall’Ara”. Nessun problema invece per Stefano Lucchini che è tornato a disposizione al pari di Campagnaro, Da Costa e Delvecchio, ristabilitisi completamente da rispettivi guai fisici.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 12 marzo 2009)

mercoledì 11 marzo 2009

Il Facebook del "Pazzo" Pazzini, tra rimpianti viola e gioie blucerchiate

GENOVA - “Bene o male purché se ne parli” scriveva il tanto geniale quanto nei secoli abusato Oscar Wilde. Bene o male, Facebook, il social network più in voga del momento, parla e fa parlare. Eccome. Ne sanno qualcosa i giocatori del Napoli - tra gli altri Montervino, Aronica, Cannavaro, Blasi e persino il d.g. Pierpaolo Marino - che si sono loro malgrado ritrovati tra gli utenti grazie al genio di qualche “buontempone” che ha pensato bene di rubare l’identità ai propri beniamini spacciandosi e scrivendo a nome loro. Ne sa qualcosa Giampaolo Pazzini, 24enne bomber della Sampdoria e centravanti tricolore del momento, che su Facebook vanta oltre 50 tra gruppi e fan club a proprio nome. Nel bene e nel male, appunto.

Nel bene, potete intuire, la matrice è tutta a tinte blucerchiate. Sulla scia dei 9 milioni sborsati lo scorso gennaio dal presidente Garrone per assicurarsene le prestazioni e degli 8 gol in 10 partite segnati col 10 doriano sulla schiena, ecco proliferare per il Pazzo decine e decine di amorevoli pagine virtuali: Benvenuto Giampaolo Pazzini, Tutti pazzi per Pazzini, Giampaolo SegnaSempre Pazzini, Sostenitori del mitico Pazzo Pazzini, La coppia Cassano-Pazzini e chi più ne ha più ne metta. Nel male, l’avrete già capito, i gruppi sono invece tutti d’estrazione fiorentina, frutto della fervida, ironica goliardia tutta toscana di tifosi viola esasperati dall’allora scarsa vena realizzativa dell’attaccante di Pescia; gente che nel giorno della cessione al Doria di Giampaolo avrà tirato un sospiro liberatorio collettivo tale da ingrossare d’onde il placido Arno.

Viene da chiedersi ora, vista la raffica di reti del rinato Pazzo, come l’avranno presa i fondatori del gruppo pazziniano che vanta più iscritti (addirittura 2.926!), in continua crescita nonostante i fatti li stiano sbugiardando. Il nome è di per sé emblematico: Referendum per allargare le porte da calcio in favore di Giampaolo Pazzini. Emblematica pure la risposta: “Sarà che a Firenze le porte erano più piccole?” fa notare qualche facebookino blucerchiato. O come ci saranno rimasti quelli dei gruppi Io non rimpiango Giampaolo Pazzini (248 membri) e Giampaolo Segnamai Pazzini (393), che in tempi non sospetti lo invitavano a tornare al Margine Coperta delle origini e lo subissavano di epiteti e critiche poco simpatiche quali “scarso”, “sega”, “non segna nemmeno con le mani”, “un se ne pole più”?

Tra questi c’è Alessandro Nervini che, il 1° ottobre 2008, sul povero Pazzo aveva composta una filippica del tipo: “Giampaolo ‘Anticipato’ Pazzini, il giocatore più anticipato della storia. Non si è mai staccato più di 50 cm dal suo marcatore in tutta la carriera. Ecco alcune delle cazzate scritte su di lui: non è una prima punta, è fondamentale per la manovra, fa movimento, crescerà! Se qualcuno dei vostri amici vi dice alcune di queste frasi su di lui, propongo come risposta il classico sputo nell’occhio. Stabile quanto un giocatore di Subbuteo senza la base, compie balzi incredibili per spizzare verso zone deserte del campo gli stessi palloni che Gilardino stoppa agevolmente di petto. È bello e simpatico, caratteristiche utili a un calciatore quanto la bellezza interiore e l’intelligenza lo sono a una top model. Propongo di scambiarlo con uno pelato e butterato che la butta dentro”.

E chi, come tal Filippo Di Bitetto, il 2 novembre scorso, lo dava già per calcisticamente morto: “Non ho parole, è l’attaccante più scarso della Serie A. A 24 anni non può giocare più con l’Under 21, non gioca nella Nazionale A, non segna in campionato e ogni volta che gli viene data un’occasione fallisce. Sei una sega, un soffiastipendio e uno schiaffo alla faccia di quel poverino di Osvaldo che almeno la voglia ce la mette tutta. Pazzini scandalo!”. Addirittura!

Come non parlare poi del gruppo Se gioca mio nonno al posto di Pazzini, la Viola vince lo Scudetto (71 membri), la cui intestazione fa pressappoco così: “Non ci sono più parole per descrivere le prestazioni scandalose di Giampaolo Pazzini, la promessa in assoluto meno mantenuta del calcio italiano degli ultimi anni. Se mettessi mio nonno 81enne in campo, fidatevi che i risultati sarebbero sicuramente più positivi!” parola del fondatore Matteo Casiraghi che, come gli altri, vorremmo sentire oggi parlarci di Emiliano Bonazzoli...

E non finisce qui: Vendiamo Pazzini al Quadrifoglio. Spazzini! era il consiglio che in 232 davano alla società dei Della Valle, invitandola a cedere il presunto bomber all’azienda di servizi ambientale fiorentina paragonabile alla nostra Amiu. Sempre in tema di cessione c’era poi chi, come Marco Sada e i 38 utenti di Giampaolo Pazzini: vendesi ‘giovane campione’ che lo definivano “capace di terrorizzare le difese delle squadre di tutto il mondo dalla C2 in giù” e ne elencavano con ironia le peculiarità: “Tiri da lontano: raccolti in tutte le curve degli stadi di mezza Europa palloni da lui calciati con grande estro e precisione. Colpo di testa: sua qualità migliore, è in grado di colpire la rete posta (appositamente per lui) dietro ciascuna porta almeno 9 volte su 10 a partita. Freddezza: altro punto di forza, abilissimo a fallire gol a mezzo metro dalla linea di porta, persino se questa completamente sguarnita. Abilità nel gioco di squadra: fantastico nel dare supporto ai propri compagni, vagando per il campo senza pace e tuffandosi a terra appena l’avversario gli sfiora i capelli (quei pochi che ancora gli sono rimasti)”.

Peculiarità, queste, che il Pazzo l’hanno reso celebre nei magri anni della Fiorentina, al punto che un’ingrata tifosa viola, al secolo Sara Chamard, il 14 gennaio 2009, esclamava festante: “Finalmente è andato via, che liberazione!”; peculiarità, queste, puntualmente smentite a Genova soltanto un mese dopo, al punto che, il 16 febbraio scorso, il facebookino Lorenzo Mentuccia rispondeva amaro alla compagna di tifo: “Sono già 4 i gol con la Samp, in campionato 3 di fila… Mah! Unn’è che s’è fatta ’na cazzata a cederlo?”. Non avrà la finezza intellettuale di Oscar Wilde, ma ’sto Mentuccia prenderci c’ha preso in pieno.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 11 marzo 2009)

sabato 7 marzo 2009

Emergenza Samp al "Dall'Ara": out anche Campagnaro e Da Costa

BOGLIASCO (GE) - Diciannove uomini, quindici contati più quattro Primavera. È questo il magro contingente sampdoriano che ieri pomeriggio è partito alla volta della dotta Bologna e oggi alle 15 (fischio d’inizio del livornese Luca Banti) sosterrà l’esame felsineo contro i rossoblù di Sinisa Mihajlovic, terz’ultimi in classifica e in evidente crisi di gioco e risultati. Alle già pronosticate assenze in mediana del trio di squalificati Palombo-Franceschini-Padalino e all’ennesimo forfeit di Delvecchio (comunque in ripresa), il tecnico del Doria Walter Mazzarri, alla ricerca del settimo risultato utile in questo girone di ritorno, si ritrova a fare i conti con due importanti defezioni dell’ultima ora, entrambe nel reparto difensivo: Hugo Campagnaro e Manuel Da Costa.

Dopo le buone apparizioni nelle Coppe, lo sfortunato defensor argentino - assente in campionato dal 21 dicembre scorso - sembrava in procinto di riprendersi una maglia da titolare anche in Serie A ma durante la rifinitura di ieri al “Mugnaini” è stato fermato da un affaticamento muscolare e dovrà rimandare l’appuntamento a domenica prossima quando a Marassi scenderà la Roma. Una botta al ginocchio sinistro terrà invece fuori dal match del “Dall’Ara” l’aitante centrale francolusitanmarocchino e ha costretto il tecnico di San Vincenzo a convocare in fretta e furia - oltre a Donati, Mustacchio e Marilungo (ripresosi dalla febbre) - il baby difensore Campanella.

Scelte quasi obbligate dunque a partire proprio dalla retroguardia. Davanti a Castellazzi, Raggi (a destra) e Accardi (a sinistra) dovrebbero essere sicuri del posto mentre Gastaldello e Lucchini (che giocherà con un byte simile a quello utilizzato dai pugili per proteggere i denti fratturati nello scontro di domenica col milanista Senderos) sono in lizza per il restante ruolo di centrale. Se dietro esiste almeno una possibilità di arbitrio, il centrocampo doriano appare tanto inedito quanto scontato con Stankevicius e Pieri ad agire sulle fasce e il terzetto composto da Sammarco, Dessena e Ziegler a giostrare in mezzo.

In attacco non ci piove, ci saranno due certezze, le più certezze di tutte: Antonio Cassano e Giampaolo Pazzini. Liquidate Milan e Inter nel giro di quattro giorni, i nuovi Gemelli del Gol saranno chiamati a ripetersi contro il Bologna degli ex (Mihajlovic, Antonioli, Castellini, Zenoni, Volpi, Marazzina), in una sfida nella sfida col capocannoniere del campionato Marco Di Vaio. Per il centravanti capitolino, 16 centri sino ad oggi e la voglia matta di mettersi in mostra in chiave Nazionale, la stessa, identica di quei due là davanti in maglia blucerchiata.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 8 marzo 2009)

Sergio Volpi, non sarà mai una domenica come le altre

C'era tutto un infinito di fortezza sicura, di volontà determinata e indomabile nella dedizione fissa e intrepida e pronta di quello sguardo. Coraggioso, indomito, ostinato come il melvilliano Achab al cospetto di Moby Dick. Lo sguardo è quello di Sergio Volpi, per tutti il Capitano. Domenica al Dall'Ara, le strade del suo Bologna e della Sampdoria - che sua lo è stata per sei stagioni, 231 partite ufficiali e 24 gol - si intrecceranno ancora. Per Sergio e per tutti coloro che in quelle sei stagioni lo hanno apprezzato e sostenuto non potrà essere una domenica come tutte le altre.

Un predestinato. Che Volpi fosse una sorta di predestinato lo si capì ben presto. Voluto fortemente dal suo mentore Walter Alfredo Novellino, chiamato a ricostruire una squadra che potesse cercare il ritorno in A, il mediano di Orzinuovi approdò al Doria dal Piacenza nell'anno della rifondazione, 2002/03. Beh, Sergio non ci mise molto ad ambientarsi: prima partita ufficiale (18 agosto 2002, Samp-Siena di Coppa Italia), primo gol e fascia di capitano subito al braccio dopo l'uscita di Francesco Flachi. Una fascia che, di battaglia in battaglia, imparò ad onorare proprio in quell'annata memorabile e che per altre quattro sarebbe restata indiscutibilmente sua.

Faro. Schivo e taciturno nella vita di tutti i giorni, lottatore mai domo sul prato verde. La promozione in A (condita da 8 reti e dal tre su tre nei derby) e la seguente ottima annata di consolidamento in massima serie, (ri)portarono il Doria ai livelli che gli competono e consacrarono il suo Capitano. Prima di tutto agli occhi della Sud e di tutti i sostenitori blucerchiati che elessero Volpi a proprio beniamino; in second'ordine a quelli del calcio italiano che trovò nel faro della mediana doriana uno dei pochi centrocampisti in circolazione a potersi ancora fregiare del titolo di regista vecchio stampo.

Azzurro. Fu così che anche la Nazionale di Trapattoni prima e di Lippi poi non poté fare finta di lui, di quel numero 4 blubiancorossonerobiancoblu con la fascia al braccio sinistro e le geometrie euclidee, col lancio telecomandato, il destro al fulmicotone e la voglia di non mollare mai. Le sue due convocazioni, Sergio se le guadagnò a trent'anni suonati e pazienza se fu soltanto per altrettante amichevoli: quella coppia di gettoni azzurri gli consentirono comunque di impreziosire una carriera che col Doria in corsa per la Champions League viaggiava in rapida ascesa.

Eurogol amaro. Alla fine, per un punto, non fu Champions. Ma il ritorno blucerchiato in Europa - anche se in Coppa Uefa - segnò l'ennesimo, nuovo picco della Sampdoria targata Riccardo Garrone e Beppe Marotta. Il suo primo e unico eurogol con la maglia del Doria, il Capitano lo realizzò in una zuppa serata di fine novembre a Göteborg grazie ad un calcio di punizione dei suoi. Servì, quella rete, per pareggiare una sfida con gli svedesi dell'Halmstads che si era messa in salita (ma che poi fu vinta per 1-3); non servì invece ai fini della qualificazione ai sedicesimi del torneo che purtroppo svanì a tempo scaduto nel freddo di Lens.

Fine di un ciclo. Proprio quella sconfitta al Félix Bollaert segnò, con un anno e mezzo d'anticipo, l'epilogo del ciclo-Novellino. L'amara debacle in terra francese chiuse di fatto un'era lunga cinque campionati. Un'era di rilancio per la Samp e i suoi tifosi, di cui Volpi rappresentò la bandiera, il simbolo anche dopo il commiato dell'amato Monzon, che partì alla volta della Torino granata, provando a portarsi dietro il suo regista preferito. Invano.

Addio. Restò, il Capitano. Restò insieme al dioscuro di metà-campo Angelo Palombo anche l'anno successivo, quel 2007/08 che significò stagione d'addio. L'addio lo diede a modo suo, da uomo vero e professionista esemplare, lavorando in silenzio fino all'ultimo allenamento a Bogliasco e dando il massimo non appena chiamato a scendere in campo. I gol di Cagliari e Bergamo insieme con la vittoriosa prestazione da antologia a San Siro contro il Milan resteranno per sempre là, indelebili e incancellabili nelle memorie di coloro che tengono alle sorti della Sampdoria. Perché il Capitano, anche se con la maglia del Bologna addosso, non è e non sarà mai un avversario come tutti gli altri. Il «Sergio Volpi olé»da brividi dell'andata a Marassi è lì, fresco e tangibile a testimoniarlo.

(Sampdoria.it, 7 marzo 2009)

Raggi se la ride ma avverte: «A Bologna sarà una partitaccia»

BOGLIASCO (GE) - A Bogliasco è tornato il sereno. Il doppio trionfo contro la pluridecorata Milano del calcio ha portato una ventata di ottimismo in casa Sampdoria. Malgrado si parta per Bologna senza capitan Palombo, Franceschini e Padalino e senza il lungodegente Delvecchio e con una linea mediana praticamente da reinventare, il clima che si respira al “Mugnaini” è quello dei giorni migliori.

Una prova? Claudio Bellucci e Stefano Lucchini che, tra le risate generali, s'improvvisano giornalisti nel bel mezzo della conferenza stampa del compagno Andrea Raggi. “Volevo chiederti: come ti ha accolto il gruppo?” comincia ad incalzare l'esperto Bello. Va più sul tecnico il lodigiano che ancora porta i segni della gomitata del milanista Senderos: “Tu nasci difensore centrale, ad Empoli ti sei adattato alla fascia destra, ora giochi in una difesa a tre. Dove ti trovi meglio?”.

Il Marines di Brugnato risponde divertito e mette in guardia i suoi in vista della trasferta al “Dall'Ara”. “Sarà una gara delicata - avverte Raggi -, una partitaccia da non sottovalutare. Di Vaio è forte ma noi andremo là più tranquilli, convinti che se giocheremo da Sampdoria per loro sarà dura”.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 7 marzo 2009)

venerdì 6 marzo 2009

La notte magica di Vittorio Russo, il bell'uomo che ha sconfitto Mourinho

GENOVA - Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare. Lucio Dalla il suo personalissimo e autobiografico 4/3/1943 lo cominciava così. Il 4/3/2009 di Vittorio Russo, il bell’uomo che veniva dal mare, nato a Trieste quattro anni e una manciata di giorni prima del cantautore bolognese, si è chiuso come meglio non avrebbe potuto, al termine di una notte di quelle che restano per sempre. Lì nel cuore, come un diamante.

Professione allenatore, Vittorio Russo è dallo scorso luglio il vice di Walter Mazzarri e nella notte di mercoledì a Marassi, nell’andata della semifinale di Coppa Italia contro l’Inter, ha guidato per la prima volta la “sua” Sampdoria verso il memorabile successo sui nerazzurri dello Special One José Mourinho. “Adesso posso anche morire” ha dichiarato il canuto secondo quasi sfinito ma del tutto soddisfatto in sala stampa. È stata una partita nella partita, la sua. Più che Vittorio, nell’area tecnica del Doria di Russo pareva ci fosse Clemente, argento nei pesi massimi a Pechino 2008; un vecchio leone indomito e smanioso di spezzare le inferiate della propria gabbia, un focoso saggio prodigo di urlacci e consigli per i suoi ragazzi. Per informazioni in merito provare a chiedere all’addetto all’arbitro doriano Guido Montali e al quarto uomo Mazzoleni, coppia che ha dovuto faticare non poco per tenerlo a bada in quei 96 minuti e poco più.

Ma, intemperanze a parte, l’esordio forzato del mister giuliano sulla panchina blucerchiata - si fa per dire, perché sulla quella panchina non si è seduto praticamente mai - a causa della squalifica di Mazzarri, ha qualcosa di storico e al tempo stesso insolito. Sì perché il ragionier Russo, settant’anni compiuti il 16 febbraio, giaccone impermeabile blu marine, occhialini neri e lenti fumé, non aveva mai allenato una squadra a livelli simili. E vedete un po’ voi se farlo a quell’età - e per di più surclassando i pluridecorati Campioni d’Italia in carica del tecnico più spocchioso di sempre in una sfida che vale una finale - ha dell’ordinario. Il diretto interessato non si è scomposto più di tanto: “I meriti bisogna riconoscerli a Mazzarri - ha detto -. È lui che ha preparato meticolosamente questa sfida, scrivendo un copione per i nostri ragazzi e permettendo loro di diventare protagonisti di una serata meravigliosa”.

Beh, certo, precisazioni d’obbligo; ma in questo successo la firma del bell’uomo venuto dall’Adriatico c’è tutta. La sua carriera nel mondo pallonaro toccò l’apice alla Sambenedettese, da calciatore, primi Anni Sessanta. Fu però il ritorno a casa a segnarla: in alcune società dilettantistiche di provincia, Russo cominciò a dividersi tra campo e panchina, vincendo la bellezza di sette campionati in otto stagioni e raggiungendo la C2 alla guida della Pro Gorizia. Ottenuto il patentino di Seconda Categoria e avviato un sodalizio con la Figc, divenne prima docente al corso da allenatori e poi membro dello staff delle Nazionali Femminili. Il grande salto lo fece lavorando a stretto contatto coi tecnici dell’Under 21 Giampaglia e Tardelli e conquistando tre Europei da allenatore dell’Under 18 Dilettanti. La Triestina lo chiamò allora in veste di coordinatore tecnico e per due anni (dal 2005 al 2007) gli affidò la Primavera.

Nel frattempo, a Coverciano in occasione del Master, avvenne il fortunato incontro con Walter Mazzarri, che a corto di un vice-allenatore con patentino per la prima stagione alla Samp (il collaboratore tecnico Nicolò Frustalupi ne era sprovvisto) pensò a lui in vista della seconda. Stagione, questa, che Vittorio Russo ha vissuto nell’ombra fino alla magica nottata “copetera” di mercoledì, al termine della quale ha ammesso quasi commosso: “Non so cosa accadrà: potrei andare via il 30 giugno o potrei restare qui tutta la vita. Di certo a Genova mi sono ambientato alla grande e sono fiero di appartenere ad uno staff tecnico che funziona benissimo e in cui vige il rispetto umano come regola fondamentale”. D’altronde, da queste parti, l’acqua salata non manca e, anche se re per una sola notte, quel bell’uomo venuto dal mare che ha sconfitto in semifinale lo Special Eleven di Mourinho difficilmente sarà dimenticato.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 6 marzo 2009)

giovedì 5 marzo 2009

La "riscalata" di Puggioni

Ma quant’è dura la salita. Christian Puggioni ne sa qualcosa. Non fa lo scalatore, non è ciclista, né alpinista e neanche maratoneta alla Gianni Morandi. Christian di mestiere fa il portiere, è genovese, lo scorso gennaio ha compiuto 28 anni, s’è appena iscritto a Giurisprudenza e attualmente è il numero 1 della Reggina di Nevio Orlandi. Ora ce l’ha fatta, para in Serie A, sta sfruttando al meglio la chance da titolare che qualche acciacco di troppo di Campagnolo gli ha consegnato tra le mani. Ma di strada Puggioni ne ha fatta tanta, irta, ostica, affannosa: dalle nazionali giovanili alla disoccupazione fino ad arrivare al palcoscenico più importante il passo è stato tutt’altro che breve per questo ragazzone nato a Genova da papà sardo e mamma ligure e cresciuto nelle giovanili della Sampdoria.

All’ombra di gente del calibro di Pagliuca, Zenga, Ferron e Sereni il promettente portierino di scuola-Baiardo si fece tutta la trafila in blucerchiato, dai Pulcini fino alle soglie della prima squadra, a cavallo del Nuovo Millennio. Nel ’99-00, collezionò soltanto una panchina, a Marassi contro il Napoli - finì 0-2 per gli allora partenopei di Novellino -, col numero 24 sulle schiena. Anche a causa di quella sciagurata sconfitta, al termine del campionato, il Doria di Ventura restò in Serie B mentre il 19enne Christian fu mandato a Varese, in C1, a fare la classica gavetta.

Con Mario Beretta in panchina e Stefano Sorrentino davanti nelle gerarchie, l’estremo difensore genovese assaggiò il campo in una sola occasione. Tornato alla casa madre, Puggioni dovette fare i conti con la drammatica temperie blucerchiata di quel periodo: la Samp - che versava in condizioni economiche disastrose e s’iscrisse in extremis al campionato - decise di non tesserarlo quale professionista. Svanì un sogno per Christian, che appiedato e padrone del proprio destino-cartellino partì alla volta di Borgomanero, retrocedendo di due categorie rispetto all’avventura varesina.

Tra i Dilettanti, le sue qualità emersero appieno ma da protagonista nel Novarese si ritrovò ancora una volta spettatore senza contratto, disoccupato nell’Equipe Romagna in cerca di una squadra che credesse in un giovane com’era lui. Si fece avanti il Siena: nulla di fatto. Correva il 2002-03 quando - tramite un contatto - tentò allora di trovare fortuna allo Sporting Lisbona, pagando di tasca sua. Ma la trattativa, dopo un periodo di prova in terra lusitana nei Leões di Cristiano Ronaldo, non andò in porto. Inattivo per una stagione e sorretto - anche economicamente - dai genitori, il portiere genovese si rimboccò le maniche e finì così al Giulianova, ancora in C1, dove 18 buone prestazioni gli valsero un ingaggio da parte del più quotato Pisa.

In nerazzurro dall’estate 2004, ecco la svolta: grazie a quasi 600 minuti di imbattibilità, soltanto 5 gol subiti in 19 partite e un rigore parato, Puggioni - recordman in Italia, in Europa, forse nel mondo - si conquistò una maglia da titolare inamovibile e soprattutto le attenzioni di club di rango superiore. Ascoli e Bari si interessarono a lui. Non se ne fece di nuovo nulla; fino a quel record che gli spalancò la porta della Reggina e le porte della Serie A, accarezzata nel 2007 con Mazzarri (3 presenze), abbandonata per una parentesi in prestito a Perugia e ritrovata quest’anno, con la fervida speranza di non mollarla per un po’. In fondo, Christian se lo merita davvero.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 6 marzo 2009)

domenica 1 marzo 2009

Cassano e gli assist a Pazzini: «Spero di farlo andare in Nazionale»

GENOVA - Segna e fa segnare. Incanta e trascina. Semplicemente Antonio Cassano. Dopo la splendida vittoria sul Milan, il Peter Pan di Barivecchia torna a parlare, concedendosi ai microfoni e alle telecamere di Sky. Lo fa, come di consueto, col sorriso sulle labbra e con la solita schiettezza che qui a Genova abbiamo imparato ad apprezzare da oltre un anno e mezzo. Antonio la butta lì, secca, come è nel suo stile.

Pazzini, i gol e gli assist. «Questo qui fa i gol. Ci mancava peso in avanti e con lui lo abbiamo acquistato». Il questo qui in questione, per il numero 99 blucerchiato, si chiama Giampaolo Pazzini, arrivato a gennaio dalla Fiorentina e già al sesto centro con la maglia del Doria, il quinto in campionato (l'altro l'ha segnato in Tim Cup, a Udine), peraltro il quarto consecutivo su suggerimento di Cassano. Che ammette, soddisfatto: «Gli assist da soli servono a poco, se poi la Samp non segna. L'importante è che vengano concretizzati in gol. A lui basta soltanto mettere la palla buona: Giampaolo è bravo e ha dimostrato di saperla buttare dentro... Un assist ancora più importante mi auguro però di farglielo fra due o tre mesi, aiutandolo finalmente ad arrivare in Nazionale».

Azzurro. Già, la Nazionale. Fantantonio - come sempre - ci spera ma non se ne fa un cruccio: «Lippi ha detto che le porte sono aperte per tutti; se si aprisse una porticina anche per me sarei contento, altrimenti andrei prima in vacanza. Vogliono rassicurazioni? Io non devo rassicurare nessuno, dico le cose che penso. Se una persona mi si pone bene e mi dice le cose in faccia, io non ho nessun problema. Non devo certo cambiare per piacere agli altri, sono fatto così».

Beckham. Chiusura dedicata al vecchio compagno ai tempi di Madrid, quel David Beckham con cui aveva dato vita ad un curioso siparietto subito dopo l'1-0 doriano. «In campo gli ho detto che era entrata di mezzo metro - racconta Antonio -. Comunque, di mezzo metro o di un centimetro, è buono lo stesso. Scherzi a parte, David è un mio amico e mi sono fatto dare la sua maglia. Mi fa piacere averla perché è una delle poche persone del periodo di Madrid che mi è rimasta nel cuore. È un ragazzo umile, eccezionale: uno così può giocare fino a 38 anni e non mi stupisco che stia facendo bene anche in Italia».

(Sampdoria.it, 1° marzo 2009)

Ramenghi salva la Sestrese: col Casale finisce 2-2

GENOVA - Super Ramenghi e la Sestrese continua a sperare. Ci ha pensato una doppietta del capitano verdestellato ad aprire e chiudere il testa-coda col Casale e a mandare agli archivi un 2-2 acceso forse più sugli spalti che in campo. Al “Piccardo” di Borzoli, il prologo dell’anticipo non è infatti dei migliori: i neri tifosi ospiti pretendono di stazionare - con tanto di megafoni, bandiere e striscioni - nel settore di quelli di casa e provocano un parapiglia che - per fortuna - si risolve senza danni e prima dell’intervento della polizia. Con l’esagitato manipolo di casalesi posizionato nella curvetta loro preposta, la partita può cominciare.

E la Sestrese va subito vicina al vantaggio con Maisano, poco reattivo a tu per tu col numero uno piemontese Zecchini. Un primo tempo equilibrato scivola via senza particolari sussulti e lascia spazio ad una ripresa agli antipodi. Al 57’ Piacentini prende palla a metà campo, semina mezza difesa del Casale e s’invola verso l’area nera: il suo destro sfiora il palo. È il preludio al gol. Ramenghi raccoglie un corner di Cadenazzi e trafigge Zecchini al 62’. L’1-0 verde è meritato ma dura poco perché, alla prima palla toccata, l’appena entrato Uccello “uccella” Ivaldi per il pareggio casalese.

Passano dieci minuti e il figlio d’arte Zenga ribalta il risultato: 80’, potente punizione dal limite e l’estremo rossostellato deve ancora capitolare. I ragazzi di Balboni rispondono alla svelta con Piacentini, su splendido assist di tacco di Ramenghi: traversa piena. Sembra la fine ma l’ingenuo Balsamo trattiene Romeo appena dentro l’area di rigore e Bertasi di Verona indica il dischetto. Capitan Ramenghi si incarica della battuta spiazzando ancora Zecchini. È il pareggio che chiude i giochi e mantiene intatte le speranze-salvezza della Sestrese.

Federico Berlingheri
(il Giornale, 1° marzo 2009)