Marassi, casa dolce casa. Per un giramondo del pallone nato a Savona, svezzato all'ombra della Lanterna genoana, divenuto campione nella Milano rossonera, confermatosi tale nella Madrid merengue, tornato a Milano (stavolta nerazzurra), e passato per Londra (sponda Chelsea) e nel Principato di Monaco prima di rinascere, in giallorosso, a Roma, un simile incipit parrebbe quasi un controsenso, una formula iniziale quantomeno inopportuna. E invece no. Non per Christian Panucci, il fresco eroe azzurro di “Hampden Park”: uno che avrà ormai trentaquattro primavere sul groppone, un carisma da veterano e un caratterino mica da ridere, uno che avrà pure viaggiato per l'Europa e vinto praticamente tutto; uno che di strada ne ha fatta parecchia, ma che, ciononostante, resta pur sempre il pivellino spavaldo dall'animo intriso di rossoblù dei primi anni Novanta, quello a cui, quando si parla di Genoa, brillano ancora le pupille. Un po' come quel ragazzo nato in Via Gluck, l'eclettico terzino romanista la sua prima casa non se l'è mai scordata e sabato sera vi rimetterà piede dopo quasi tredici anni di lontananza.
A dire il vero, l'ultima di Christian al “Ferraris” risale a poco più di un mese fa: indosso aveva la maglia della Nazionale, l'occasione Italia-Georgia e il cinquantesimo gettone tricolore. La penultima poi, esattamente un anno orsono, contro i cugini del Doria, era pure riuscito a segnare. Ma sabato sarà diverso, sarà tutta un'altra cosa: con lo stadio di rosso e di blu vestito, sotto la tonante Gradinata Nord, davanti a quello che - anche se per poco - fu il suo pubblico.
Già perché, ahiloro, gli appassionati del Vecchio Balordo quel difensore savonese rapido e determinato, puntuale negli anticipi ma anche in zona gol, si dovettero fin troppo presto abituare a vederlo con divise differenti da quella a quarti rossoblù. L'esordiente Panucci visse infatti soltanto una stagione nella prima squadra del presidente Spinelli, il quale, nel '90, lo aveva scovato a Savona per aggregarlo alla Primavera. Ci pensò Osvaldo Bagnoli, il 24 maggio '92, a far debuttare El grinta - soprannome affibbiatogli a posteriori nella Capitale - al “San Paolo” di Napoli; continuò Bruno Giorgi a dargli fiducia da centrale - libero-stopper recita la sua prima figurina sull'album Panini stagione '92-93 -; fu il subentrato Gigi Maifredi a dirottarlo sulla fascia destra e Claudio Maselli - terzo mister stagionale - a corroborare l'intuizione del suo predecessore. Intuizione che si rivelò assai felice: il ventenne neo-terzino, a fine anno, mise insieme la bellezza di 34 presenze e 4 reti tra Serie A e Coppa Italia, conquistando, col compianto compagno Andrea Fortunato, la ribalta nazionale in qualità di baby-emergente e attirandosi le lusinghe dei grandi club metropolitani.
Tra amarezza e mugugni generali, Spinelli finì per cedere: Fortunato andò alla Juve; Panucci al Milan stellare di Berlusconi e Capello, trampolino di lancio di una carriera da globe-trotter pigliatutto, carriera da campione - sabato scorso in terra scozzese la prova inconfutabile - tuttora a livelli eccelsi. Carriera che - se n'è parlato, se ne riparlerà - potrebbe concludersi proprio come era cominciata tanti anni fa, tinta di quel rossoblù che gli fa ancora brillare le pupille.
Federico Berlingheri
(Il Giornale, 21 novembre 2007)
mercoledì 21 novembre 2007
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