mercoledì 21 novembre 2007

Panucci, il campione torna a casa

Marassi, casa dolce casa. Per un giramondo del pallone nato a Savona, svezzato all'ombra della Lanterna genoana, divenuto campione nella Milano rossonera, confermatosi tale nella Madrid merengue, tornato a Milano (stavolta nerazzurra), e passato per Londra (sponda Chelsea) e nel Principato di Monaco prima di rinascere, in giallorosso, a Roma, un simile incipit parrebbe quasi un controsenso, una formula iniziale quantomeno inopportuna. E invece no. Non per Christian Panucci, il fresco eroe azzurro di “Hampden Park”: uno che avrà ormai trentaquattro primavere sul groppone, un carisma da veterano e un caratterino mica da ridere, uno che avrà pure viaggiato per l'Europa e vinto praticamente tutto; uno che di strada ne ha fatta parecchia, ma che, ciononostante, resta pur sempre il pivellino spavaldo dall'animo intriso di rossoblù dei primi anni Novanta, quello a cui, quando si parla di Genoa, brillano ancora le pupille. Un po' come quel ragazzo nato in Via Gluck, l'eclettico terzino romanista la sua prima casa non se l'è mai scordata e sabato sera vi rimetterà piede dopo quasi tredici anni di lontananza.

A dire il vero, l'ultima di Christian al “Ferraris” risale a poco più di un mese fa: indosso aveva la maglia della Nazionale, l'occasione Italia-Georgia e il cinquantesimo gettone tricolore. La penultima poi, esattamente un anno orsono, contro i cugini del Doria, era pure riuscito a segnare. Ma sabato sarà diverso, sarà tutta un'altra cosa: con lo stadio di rosso e di blu vestito, sotto la tonante Gradinata Nord, davanti a quello che - anche se per poco - fu il suo pubblico.

Già perché, ahiloro, gli appassionati del Vecchio Balordo quel difensore savonese rapido e determinato, puntuale negli anticipi ma anche in zona gol, si dovettero fin troppo presto abituare a vederlo con divise differenti da quella a quarti rossoblù. L'esordiente Panucci visse infatti soltanto una stagione nella prima squadra del presidente Spinelli, il quale, nel '90, lo aveva scovato a Savona per aggregarlo alla Primavera. Ci pensò Osvaldo Bagnoli, il 24 maggio '92, a far debuttare El grinta - soprannome affibbiatogli a posteriori nella Capitale - al “San Paolo” di Napoli; continuò Bruno Giorgi a dargli fiducia da centrale - libero-stopper recita la sua prima figurina sull'album Panini stagione '92-93 -; fu il subentrato Gigi Maifredi a dirottarlo sulla fascia destra e Claudio Maselli - terzo mister stagionale - a corroborare l'intuizione del suo predecessore. Intuizione che si rivelò assai felice: il ventenne neo-terzino, a fine anno, mise insieme la bellezza di 34 presenze e 4 reti tra Serie A e Coppa Italia, conquistando, col compianto compagno Andrea Fortunato, la ribalta nazionale in qualità di baby-emergente e attirandosi le lusinghe dei grandi club metropolitani.

Tra amarezza e mugugni generali, Spinelli finì per cedere: Fortunato andò alla Juve; Panucci al Milan stellare di Berlusconi e Capello, trampolino di lancio di una carriera da globe-trotter pigliatutto, carriera da campione - sabato scorso in terra scozzese la prova inconfutabile - tuttora a livelli eccelsi. Carriera che - se n'è parlato, se ne riparlerà - potrebbe concludersi proprio come era cominciata tanti anni fa, tinta di quel rossoblù che gli fa ancora brillare le pupille.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 21 novembre 2007)

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