domenica 27 gennaio 2008

Il Doria si muove in prospettiva: presi i giovani Scappini e Ferrari

GENOVA - E chi lo ha detto che la Sampdoria sarebbe stata solo a guardare? Dopo aver rilevato dalla Fiorentina la metà di Nikola Gulan e l’intero cartellino di Christian Maggio, i blucerchiati hanno messo a segno un’altra operazione di mercato in prospettiva, assicurandosi in prestito, con diritto di riscatto della metà, Stefano Scappini, promettente centravanti della Ternana, uno tra i migliori giovani della Serie C1.

Perugino classe 1988, vent’anni da compiere sabato prossimo, destro naturale, in questa stagione ha segnato 2 gol in 16 partite disputate con quella maglia rossoverde che lo ha visto crescere. Scappini andrà così a rinforzare il reparto offensivo della Primavera blucerchiata di Fulvio Pea - che mercoledì prossimo affronterà i paraguayani del Guarani nella prima giornata del girone eliminatorio del Torneo di Viareggio - e non è escluso che, vista l’imminente partenza di Caracciolo (per lui, Brescia o Reggina), possa spesso essere aggregato alla prima squadra.

Stessa sorte dovrebbe capitare anche a Nicola Ferrari, attaccante della Beretti del Sassuolo, classe ’89, che è stato ingaggiato, anch’egli in prestito con diritto di riscatto, dalla formazione modenese.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 27 gennaio 2008)

venerdì 25 gennaio 2008

Enrico Chiesa, l'ex pivello sul Sunset Boulevard

Con un intero girone d’andata appena concluso, vedere che Enrico Chiesa, un tipo da 138 reti in Serie A, quarto miglior cannoniere in attività dopo Totti, Del Piero e Montella, abbia ancora uno zero alla voce “gol segnati” suona strano, parecchio strano. Così come suona strano, parecchio strano che a quella “minuti giocati” compaia a tutt’oggi un deprimente e malinconico 62.
Sarà l'età che avanza imperterrita - lo scorso 29 dicembre ha compiuto trentasette anni -, saranno le incomprensioni tecnico-tattiche con Mandolini prima e col rientrante Beretta poi, sarà l'abitudine alla panchina o - assai di sovente - alle poltroncine della tribuna. Fatto sta che, al suo quinto anno a Siena, non è mistero che il più forte calciatore ligure di tutti i tempi - il quale, ovunque abbia giocato, di gol ne ha sempre fatti a caterve - stia attraversando il periodo più buio e nefasto della sua carriera.

A secco dal 9 aprile di due campionati fa (Siena-Lazio 2-3), sembra trascorsa una vita intera da quella magica stagione da Re Mida blucerchiato, in cui quel bravo centravanti di Mignanego, cresciuto nel Pontedecimo e reduce da due buone annate a Modena (Serie B) e Cremona (Serie A), esplose letteralmente, consacrandosi campione, agli ordini di Sven-Göran Eriksson e al fianco di Roberto Mancini. Correva l'anno 1995-96 ed Enrico Chiesa, classe 1970, non era più un ragazzino. Mancavano poco più di tre settimane al suo venticinquesimo compleanno quando, il 3 dicembre '95, al “San Nicola” di Bari, segnò i suoi primi centri stagionali, la sua prima tripletta in maglia doriana. Era la dodicesima giornata. Fino ad allora, il numero 20 genovese era rimasto a secco, ma da quel felice pomeriggio non si fermò più. Di lì alla fine, entrò infatti nel tabellino dei marcatori in altre diciannove occasioni, tanto che, in totale, i centri furono 22 in 27 partite: una media-gol spaventosa.

Destro, sinistro, di testa, al volo, da fuori area, di rapina, di classe: il fornitissimo repertorio del tanto rapido quanto potente attaccante blucerchiato parlava chiaro. Era nata una stella nel firmamento del calcio italiano, astro che attirò su di sé le attenzioni di molti, in particolare quelle del Parma dei Tanzi. Dopo quell'unico, strepitoso campionato - avaro di traguardi europei per il Doria ma allietato sul piano personale dalla convocazione al britannico Euro '96 - Chiesa partì subito alla volta della città di Maria Luigia in cambio di parecchi miliardi di lire.

Ma, ancora oggi, i suoi 22 gol e soprattutto le memorabili doppiette rifilate a Juve, Inter e Milan - che fruttarono un tris di esaltanti vittorie - restano magie, prodezze indelebili negli occhi e nei cuori dei sampdoriani, che quel pivello di Mignanego lo avevano visto esordire in A, appena maggiorenne, il 16 aprile '89 (Roma-Samp 1-0) e gonfiare per la prima volta la rete, a Marassi, nel 3-1 sull'Ancona del 7 febbraio '93. Domani, proprio tra i quattro torrioni rosso scarlatto del “Ferraris”, l’oramai trentasettenne Enrico Chiesa rischiano invece di non trovarselo proprio. E forse, in campo, con gli scarpini tacchettati ai piedi, non lo ritroveranno mai. Anche perché - come insegnano Elio e le Storie Tese - il viale del tramonto si percorre a piedi nudi.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 25 gennaio 2008)

Colpo Samp: preso Gulan

GENOVA - Ha i capelli nero corvino, il viso lungo e scarno ed un mancino à la Mihajlovic. Si chiama Nikola Gulan, diciannove anni da compiere il prossimo 23 marzo, il nono calciatore serbo nella storia della Sampdoria. Il giovane e duttile centrocampista mancino scuola Partizan Belgrado, è stato infatti acquistato dai blucerchiati in compartecipazione dalla Fiorentina.

Erano stati i viola, lo scorso giugno, a strapparlo alla seconda squadra della capitale serba, sborsando 2,8 milioni di euro in seguito ad un testa a testa col Palermo; ma le vigenti norme sugli extracomunitari avevano impedito ai Della Valle di tesserarlo. Ora, dopo averlo lasciato per la prima parte di stagione parcheggiato ai bianconeri di Miroslav Dukić, la Fiorentina ha deciso di portarlo in Italia - dove si allena da qualche settimana agli ordini di Prandelli -, trovando nella Sampdoria uno scaltro e prezioso alleato.

Classe 1989, colonna delle nazionali giovanili del suo paese, un metro e 83 centimetri per 73 chili, Gulan è un mediano difensivo, un regista che si definisce nelle caratteristiche molto simile ad Andrea Pirlo, capace però, all’occorrenza, di agire pure sulla corsia di sinistra.

Federico Berlingheri

mercoledì 23 gennaio 2008

Promossi & Bocciati di Sampdoria-Roma (Tim Cup)

Franceschini: Un leone in linea mediana. Non segnerà con la stessa, altissima frequenza della scorsa stagione - 6 centri in 44 partite totali -, ma dà un enorme contribuito di energia e dinamismo al centrocampo blucerchiato. Piacevolissima conferma. Voto 7+

Ziegler: Prima frazione col freno a mano tirato, ripresa più arrembante e al tempo stesso attenta. Finalmente, per la prima volta in questa stagione, l’elvetico Reto convince a pieni voti e si toglie pure la soddisfazione di segnare la sua seconda - bellissima - rete in maglia doriana, la prima sotto la Sud. Voto 7

Mancini: Unico romanista in grado di tenere in costante apprensione l’attenta retroguardia blucerchiata, malgrado con l’argentino Campagnaro (una forza della natura. Voto 7) non abbia vita facile. Anzi. Dopo l’uscita di Hugo, però, il verdeoro Amantino si scatena: corre, dribbla, serve l’assist vincente a Vucinic e si mangia il sorpasso allo scadere. Voto 7--

Cassano: Ci teneva un sacco a far bella figura: contro il suo passato, contro chi l’aveva pagato moneta sonante, chi l’aveva accolto e coccolato, gli aveva voluto bene ed oggi - come un amante tradito - non fa altro che stigmatizzarne gli errori piuttosto che apprezzarne la ritrovata vena. Il Giamburrasca di Barivecchia riesce nell’intento, gioca - al solito - con divina naturalezza, ma la voglia di strafare non gli permette di incidere come spesso gli capita. Voto 6,5

Vucinic: Per più di un’ora, Lucchini (monumentale fino all’azione del gol giallorosso; monumento - impietrito - proprio in quel frangente. Voto 6) non gli fa beccare palla, poi trova un’autostrada libera e va a segnare un 1-1 preziosissimo in chiave qualificazione. Voto 6,5

Curci: Insicuro e poco preciso nei rilanci, non pare esente da colpe sul fendente mancino di Ziegler. Prima di chiedere spazi e attenzioni, dovrebbe rispondere sul campo ogniqualvolta chiamato in causa. Voto 5,5

Zenoni&Maggio: Pasticciano in tandem nell'occasione del pareggio ospite, regalando a Mancini la palla che poi giungerà al goleador Vucinic. Malissimo il primo, maluccio il secondo entrato a metà ripresa. Serataccia sulla corsia di destra del Doria. Voto 5

Mexes: Minuto 9: Campagnaro lo salta e lui lo stende. Minuto 18: Cassano lo uccella e lui lo stende. Due ingenuità, due gialli in nove giri d'orologio che gli costano una doccia anticipata di parecchio e la "palma" di asino della contesa. Voto 4

Federico Berlingheri
(Goal.com, 23 gennaio 2008)

Bora Tonetto

Calmo, posato, riflessivo. Atleta esemplare, persona seria, riservata, mai una parola fuori posto. Barbara, Nicole, Mattia - la famiglia -, il calcio - il lavoro - e il computer - la passione che sarebbe potuta diventare mestiere dopo gli studi da programmatore. Il classico anti-divo che tutto sembra fuorché un giocatore di football del Terzo Millennio. Max Tonetto, trentatreenne esterno mancino della Roma, si trasforma una volta messi gli scarpini ai piedi: la pacatezza al di fuori del prato verde, della vita di tutti i giorni, si fa da parte e lascia posto, per poco più di novanta minuti, alla furia, all'impeto perpetuo e costante di quelle sue ficcanti sgroppate sulla corsia di sinistra. Veloce, forte, travolgente, come la Bora che soffia a nordest, dalle sue parti.

Nell'estate del 2004, in punta di piedi e a costo zero dal Lecce di Delio Rossi, quel triestino che si stava avvicinando alla trentina arrivò al Doria, accompagnato da qualche scetticismo di troppo. Allora, ai più, il nome Tonetto non solleticava alcuna fantasia, anzi: non diceva proprio nulla. Discreto mancino, discreto curriculum tra A e B - che pareva aver toccato il culmine con l'effimero ingresso nell'orbita-Milan alla fine degli anni '90 -, una carriera avviata oramai ad un tranquillo epilogo, magari con un ruolo da comprimario. Niente di più. Il duttile terzino, che aveva sfiorato il blucerchiato all'epoca di Luciano Spalletti, sembrava infatti rientrare a pieno titolo in quella garroniana politica societaria degli acquisti a parametro zero, di secondo piano, da squadre di medio-bassa classifica, destinati a scampoli di carriera o poco altro. In realtà, nel biennio doriano, Tonetto sovvertì i pronostici e, convincendo anche il più mugugnone dei tifosi, divenne un punto fermo, una pedina inamovibile nello scacchiere di Walter Novellino. Coperto in difesa dall'emergente Pisano, il mister di Montemarano, fin dai primi giorni del ritiro di Moena, dirottò l'eclettico Max sulla linea dei centrocampisti: quarto di sinistra, posizione rivestita in passato, in mediane a 5, ma mai in un 4-4-2. L'intuizione dolomitica si rivelò felice, andò oltre le più rosee previsioni. Una forma fisica eccellente abbinata ad un rendimento altissimo consentirono al mancino friulano di disputare le migliori stagioni di sempre, di finire nel novero dei migliori esterni italiani e di segnare addirittura 8 gol - tutti di pregevole fattura - in due campionati - quasi quanti ne aveva realizzati negli antecedenti dodici da professionista.

Al termine di un finale di 2005-06 deprimente per la squadra ed in leggero calo sul piano personale, non trovato l'accordo per il rinnovo con i dirigenti blucerchiati e svincolato nuovamente, Tonetto finì alla Roma di Spalletti - suo tecnico a Empoli - dove oggi, tornato alle origini di terzino, conquistato l’azzurro - l’esordio lo scorso 2 giugno contro le Fær Øer - e una Coppa Italia, continua a spingere, spirare ancora, più forte di prima. Come la Bora dalle sue parti.

Federico Berlingheri

venerdì 18 gennaio 2008

Genova e Olivera: storia di un amore mai sbocciato

Prima i tifosi sampdoriani e Walter Novellino, poi la piazza rossoblù ed Enrico Preziosi in prima persona. Prima vivacchiando per un’intera stagione - la scorsa - in blucerchiato, poi nicchiando ai limiti della sopportazione su un possibile trasferimento alla corte di Gian Piero Gasperini e mandando su tutte le furie il numero uno del Grifone. Insomma: Rubén Ariel Da Rosa Olivera, sotto la Lanterna, è riuscito a scontentare un po’ tutti.

Fino a qualche settimana fa, il fantasista - o esterno? - uruguayano con un recente passato al Doria, panchinaro cronico nella Juventus da ieri in prestito al Peñarol, sembrava infatti in predicato di essere ceduto al Genoa nell’ambito dell’affaire-Criscito e passare così, nel giro di qualche mese, da una parte all’altra della barricata. A Villa Rostan, d’altronde, davano già tutto per fatto e scontato: per il Pollo, a dispetto del soprannome e dell’età tutt’altro che un bollito - l’anagrafe, ma forse solo quella, pare ancora dalla sua: è dell’83 -, si prevedeva già una possibile rinascita; in quel di Pegli si auspicava di rigenerarlo e di ripetere con lui un’operazione in stile-Borriello, bocciato ex doriano esploso letteralmente al cospetto della Gradinata Nord. Invece, per ragioni ancora poco chiare - si mormora di non ben definiti “giochi sporchi” da parte del procuratore connazionale del calciatore, quel Paco Casal che ha preferito accasarlo in patria -, non se n’è fatto nulla.

E forse - ai genoani - è andata bene così. Del resto, le 20 presenze in campionato più le 5 in Coppa Italia, per un totale di 1099 minuti giocati - male - con la maglia del Doria numero 8 non lasciavano presagire nulla di buono. Anzi. Anarchia mentale e tattica pressoché totale, lanci e passaggi a dir poco sconclusionati, tiri in porta - si fa per dire - velleitari e dissennati, ma soprattutto svogliate, indolenti trotterellate per il campo: dalle medie voto dei tabellini il calvo centrocampista di Montevideo risultò come uno dei peggiori - se non addirittura il peggiore - tra i nuovi acquisti della Serie A 2006-07, talmente flop dei flop che su di lui e sulle sue “gesta” blucerchiate si sarebbe potuto scrivere un manuale. Il titolo? Beh: “Come passare in pochi mesi da papabile uomo in più, in grado di elevare il tasso tecnico di una squadra a vera e propria palla al piede”. E, a proposito di piedi, auguriamoci che Rubén Ariel Da Rosa Olivera detto Pollo, a Genova, non ne metta manco più uno.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 18 gennaio 2008)

Sala, un insolito goleador

GENOVA - Gigi Sala bomber di Coppa. Sembrerebbe uno scherzo, una burla carnevalesca in anticipo sul calendario ma si tratta della verità. Mai in gol in 65 gare blucerchiate disputate sino ad oggi in campionato, il difensore di Mariano Comense le sue finora uniche reti doriane le ha segnate proprio in Coppa Italia, in sole 11 presenze complessive. Se la seconda - e ad oggi ultima -, realizzata mercoledì sera nella goleada rifilata al Cagliari, è storia assai recente, la prima risale a quasi un anno fa, esattamente al 10 gennaio 2007, quando, con una zampata al 21’ del primo tempo, decise la gara d’andata dei quarti di finale vinta contro il Chievo.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 18 gennaio 2008)

mercoledì 16 gennaio 2008

Toccata e fuga rossoblù per Floccari e De Ascentis

Toccata e fuga. Semplice racchiudere in tre parole e in una sola espressione le brevi avventure rossoblù degli odierni atalantini Sergio Floccari e Diego De Ascentis. Due avventure effimere, quelle in questione, stroncate sul nascere - o quasi - date le contingenti, drammatiche condizioni in cui il Genoa versava in due dei momenti più bui della sua lunga e tribolata storia: l'intera stagione 2002-03 e la rovente estate del 2005.

Partiamo dalla prima in ordine cronologico, quella che vide sbarcare agli ordini di mister Onofri il non ancora ventunenne Sergio Floccari, giovane virgulto di Vibo Valentia, classe 1981, catapultato in cadetteria dopo una buona annata (10 gol in 33 partite) in C2 con la divisa biancazzurra del Faenza. Già nell'orbita dell'allora patron Dalla Costa dai tempi in cui militava in quel di Mestre, il mediterraneo e brevilineo centravanti andò ad infoltire numericamente un reparto offensivo multietnico e assortito ma assai poco prolifico: a fine anno, gli italici Carparelli, De Francesco e Taddei, il tunisino Mhadhbi e i rumeni Mihalcea e Niculescu andarono infatti a segno in sole 24 circostanze totali, 25 contando anche l'unico centro rossoblù dello stesso Floccari. Quell'unico centro, Sergio lo segnò al “Massimino” di Catania, il 14 settembre 2002, alla prima giornata effettiva di quel campionato partito in ritardo a causa di una riprovevole querelle circa i diritti televisivi. Quell'unica gioia, in 11 presenze complessive tra Serie B e Coppa Italia, si rivelò di contro doppiamente inutile: in Sicilia il Grifone fu sconfitto per 3-2 e nel prosieguo di stagione Floccari non riuscì a sfondare. Esperienza ai minimi termini, altrettanto scarsa confidenza con la rete avversaria: in un Genoa cagionevole di punti-salvezza - passato al duo Torrente-Lavezzini - non era tempo di esperimenti. E così, durante il mercato di gennaio, l'attaccante calabrese fu rispedito in C2 e in Romagna, stavolta al Rimini, dove, con due gol, contribuì alla promozione biancorossa.

Una promozione, poi cancellata dal fallimento del Torino di Cimminelli, l'aveva appena conquistata anche Diego De Ascentis. Era il 30 giugno del 2005 quando, appena svincolatosi dai granata, il lariano mediano scuola-Como sposò la causa del redivivo e neopromosso in Serie A Vecchio Balordo di Preziosi. Aveva ventinove anni ed era nel pieno della propria maturità calcistica: a detta di tutti un rinforzo coi fiocchi, ancora più prezioso perché giunto a costo zero. Peccato, però, che De Ascentis - come del resto l'intera truppa di nuovi acquisti messa a disposizione del neo-tecnico Guidolin - nel Genoa cacciato in terza serie per illecito sportivo non disputò altro che tre amichevoli nel giro di due settimane. Poco più di 180 giri d'orologio, fra il 23 luglio e il 4 agosto 2005, contro Val Stubai, Olimpiacos e Biellese; poi quel biondo centrocampista di quantità fece marameo al girone A della C1, si riprese il suo cartellino e finì, ancora a gratis - chi di parametro zero ferisce, di parametro zero perisce... -, al Livorno di Spinelli, salutando per sempre - come il compagno Floccari due anni e mezzo prima - il rossoblù che aveva appena abbracciato.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 16 gennaio 2008)

domenica 13 gennaio 2008

Promossi & Bocciati di Sampdoria-Palermo

Cassano: Signore e signori, señoras y señores, ladies and gentlemen, Mesdames et Messieurs, Damen hunt Herren: Antonio Cassano. Occorre aggiungere altro? Voto 9

Campagnaro: Fenomenale. Fa specie pensare che un difensore di tale lignaggio abbia gravitato in cadetteria fino allo scorso giugno. Con l’aiuto dei compagni Gastaldello e Accardi (caparbi e concentrati. Voto 7), il numero 16 argentino mette la museruola a clienti difficili come gli avanti siciliani; solo soletto, indietro e in avanti, fa letteralmente ciò che vuole. Chiusure e dribbling, recuperi e sovrapposizioni: da queste parti, El Toro è già un idolo e gli "Hugo, Hugo, Hugo" che si levano dagli spalti lo sottolineano ad ogni affondo. Voto 8

Bellucci: Nono gol - e che gol! - in campionato, decimo stagionale. Il pimpante Ben Stiller blucerchiato apre le danze in modo sontuoso e dispensa classe cristallina ad ogni giocata. Voto 7+

Pieri: Un prova da ricordare per le 200 da professionista. Voto 6,5

Amauri: Emblema di un Palermo spavaldo ma allo stesso tempo impotente di fronte all’intensità blucerchiata. Voto 5

Guana&Migliaccio: Chiedete loro di tamponare, di ringhiare, di mordere le caviglie ai propri dirimpettai. Chiedete loro di arginare la manovra avversaria; chiedete loro tutto, non di costruire gioco e geometrie. L’agonismo non manca ma, i piedi, d’altronde, sono quelli che sono e Simplicio (che dovrebbe alzare il tasso tecnico della mediana rosanera… Ecco, dovrebbe... Voto 4,5) non li supporta. Voto 5

La retroguardia del Palermo: Zaccardo, Barzagli, Biava, Capuano: ossia, due Campioni del Mondo, un centrale bravo ed esperto e un esterno emergente a difesa di Fontana, uno tra i migliori portieri della Serie A. Un reparto che sulla carta parrebbe invalicabile, un reparto che in realtà fa acqua da tutte le parti: i 30 gol incassati sin qui (seconda peggior difesa del campionato) lo dimostrano appieno. Voto 4,5

La legge del 3-0: Sesto tris stagionale, quinto casalingo, senza subire reti. La banda di Mazzarri (partita preparata alla perfezione. Voto 7,5) ci ha preso gusto e non ha alcuna intenzione di finirla qui. Voto 9

Federico Berlingheri
(Goal.com, 13 gennaio 2008)

venerdì 11 gennaio 2008

Il 1999-2000 di tre laziali d'oggi nell'ultimo Genoa del secondo millennio

Tutti insieme, neanche troppo appassionatamente. Genoa 1999-2000: Delio Rossi in panchina, Massimo Mutarelli a sgobbare in mezzo al campo, Christian Josè Manfredini a calcare la corsia mancina. S'intrecciarono nell'ultimo Grifone del secondo millennio le storie di tre laziali di oggi che - escluso, almeno in parte, Mutarelli - in rossoblù transitarono senza lasciare tracce e memorie positive.

Stagione '99-00 - dicevamo -, stagione in cui Gianni Enrico Scerni assunse in prima persona la presidenza dal dimissionario Massimo Mauro. L'ultimo proprietario genoano indigeno, ovvero il patron che sarà ricordato in modo nefasto per l'opinabilissima introduzione di una riga bianca tra il rosso e il blu nello stemma della società, per aver tramutato in un rosso quasi scarlatto i tradizionali calzoncini blu marino e per la cessione del pacchetto azionario a Nube che corre Dalla Costa, ingaggiò il tecnico riminese con l'ambizione di rilanciare la squadra dopo il deludente dodicesimo posto dell'annata precedente. Principale artefice del miracolo-Salernitana - condotta in Serie A per la prima volta nella storia del club campano - ma reduce da un doppio esonero dalla stessa guida granata, il trentanovenne Delio Rossi sbarcò a Genova con entusiasmo e idee fin troppo chiare: si portò in dote un rigidissimo credo tattico d'attacco, offensivista, à la Zeman, perseverandolo con ostinazione in campo e fuori e difeso a spada tratta con modi non sempre pacati, malgrado i risultati tardassero ad arrivare. Un presumin - come si definisce dalle nostre parti - irritante e quasi insopportabile, una pretensione che finì per scontentare un po' tutti, lo spogliatoio in particolare e i senatori in prima linea, mai troppo convinti dei metodi di lavoro del nuovo e giovane mister.

E infatti, dopo un buon avvio nel gironcino di Coppa Italia, il rinnovato Grifone, in cui prezioso si rivelò il contributo del baby incontrista comasco Mutarelli - prelevato l'anno prima dall'Atalanta - e meno, molto meno quello del discontinuo e velleitario moretto mancino Manfredini - acquistato in estate dal Cosenza -, finì per barcamenarsi fin dal principio nelle zone pericolanti della graduatoria. Nonostante un Mino Francioso al solito trascinatore e bomber implacabile, tra una delusione e un'altra - mitigate dal pareggio in extremis firmato Gennarino Ruotolo nel derby del 22 ottobre '99 -, tra i malumori della tifoseria e dell'intero ambiente, la contestazione scoppiò il 5 dicembre al termine dell'1-1 casalingo contro la derelitta Fermana, al punto che Rossi si dichiarò disponibile a rimettere il mandato nelle mani del presidente. Alle parole, però, non seguirono i fatti, perché il “buon” Delio parve risollevare le proprie sorti e quelle del Vecchio Balordo acciuffando due vittorie (a Brescia e in casa col Savoia) a ridosso della sosta natalizia e un'altra (a Marassi contro il Treviso) il giorno della prima Epifania degli Anni 2000. Un fuoco di paglia. La rinata fenice genoana si tramutò ben presto in un'effimera chimera: nelle cinque partite successive (Ravenna, Napoli, Ternana, Vicenza e Pescara), in chiusura del girone d'andata e in apertura di quello di ritorno, il Genoa conquistò soltanto due miseri pareggi, uscì con le ossa rotte (3-1) da una sorta di spareggio-salvezza andato in scena all'“Adriatico” e scivolò al quart'ultimo posto. La vendetta degli ex rossoblù Vukoja e Giampaolo costò cara all'ex pescarese Rossi, a cui venne dato il benservito.

Il 14 febbraio 2000 l'esperto Bruno Maciste Bolchi ne raccolse così l'eredità, assumendo il timone del Grifo, riportandolo nei piani nobili della classifica, vincendo la stracittadina (0-1, Carparelli) e rinfocolando qualche speranza-promozione. Nello sprint finale, l'apporto degli attuali biancocelesti non bastò: Mutarelli - che rimarrà fino al 2002 e si toglierà la soddisfazione di segnare in un derby - mise lo zampino nel successo sulla Pistoiese e nel pari col Brescia; Manfredini - prima di essere ceduto al Chievo, dove si consacrerà e sfiorerà l'azzurro - firmò invece il 3-2 in rimonta sul Ravenna. Tutto vano. Le sorti genoane erano ormai segnate: il '99-00 rossoblù si concluse con un sesto posto in chiaroscuro, cinque lunghezze dietro i cugini blucerchiati, quinti avviliti ad un punto dalla Serie A.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 11 gennaio 2008)

giovedì 10 gennaio 2008

Marotta mette i puntini sulle i: "Non c'è l'Inter dietro Cassano"

GENOVA - “Antonio Cassano è in prestito da noi e nell'eventualità di un riscatto rimarrà alla Sampdoria”. Beppe Marotta è perentorio, definisce “situazioni di fantasia” futuribili manovre di mercato in combutta con l'Inter e ribadisce la volontà - identica a quella del calciatore - di proseguire il rapporto cominciato lo scorso agosto. A margine della presentazione della quarta edizione del Progetto Liguria (collaborazione tra il settore giovanile della Sampdoria e le 14 società ad esso affiliate), l'amministratore delegato blucerchiato, oltre a rendere noto il neo-acquisto societario di Narciso Pezzotti - storico “secondo” di Boskov nel Doria più vincente di tutti i tempi e di Lippi a Germania 2006, che andrà a ricoprire il doppio ruolo di tutor tecnico delle formazioni giovanili e quello di talent-scout al fianco di Asmini e Paratici - ha fatto il punto su quello che potrebbe essere l'avvenire del Peter Pan di Barivecchia. “Abbiamo intenzione di costruire con lui un progetto - ammette Marotta -. L'ipotesi di tenerlo con noi rappresenta un'occasione straordinaria che esula dai programmi degli azionisti e dal piano industriale. Per tale motivo se ne dovrà parlare, con calma, e poi vedremo. A febbraio o a marzo ci incontreremo: la situazione è difficile, visto che gli impedimenti sono evidentemente di natura economica, ma cercheremo di trovare una soluzione”.

Soluzioni per il mercato di gennaio non sembrano invece essercene parecchie. E il dirigente doriano pare concordare: “Grandi colpi non se ne faranno o, per lo meno, non ne vedo all'orizzonte. Per quanto ci riguarda, non abbiamo intenzione di intaccare una rosa della quale siamo soddisfatti. È noto che ci servirebbe un difensore per puntellare la nostra retroguardia e in tal senso Rinaudo farebbe al caso nostro. Bisogna vedere, però, se il Palermo sarà disponibile ad una sua cessione. Budel? Sembrerebbe libero da vincoli col Cagliari, ma non credo che definiremo l'operazione di acquisizione anche perché a centrocampo siamo coperti”. Smentiti poi gli interessi per Zoboli e Locatelli, qualche pillola sul mercato in uscita. “Per quanto concerne Mirante - continua Marotta - dipende soltanto da lui”. Il che, in soldoni, significa: se vorrà andare lo lasceremo partire, se vorrà rimanere saremo ben contenti di averlo a disposizione. Stesso discorso per Andrea Caracciolo: “Ha già rifiutato i Glasgow Rangers. Ci sarebbero tre squadre inglesi interessate a lui, ma le sue preferenze non sembrano rivolte all'estero”. Conferme, infine, in tema di giovani: il ventenne ceco Marek Strestik, centrocampista offensivo del Brno, interessa parecchio; l'attaccante haitiano Bidre'Ce Azor, di ritorno dal prestito a Teramo, andrà al Castelnuovo Garfagnana, mentre Giovanni Taormina, esterno mancino classe '88 della Primavera di Fulvio Pea, potrebbe finire in prestito al Sorrento.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 10 gennaio 2008)

mercoledì 9 gennaio 2008

Un po' di blucerchiato tra gli "hardmen" del "Sun"

C'è anche un po' di Sampdoria nella speciale classifica dei dieci calciatori più duri di tutti i tempi. La particolare - e verrebbe da dire opinabile - graduatoria di cattivi stilata dal “Sun” vede infatti al primo posto il centrocampista scozzese '70-80 Graeme Souness. L'ex “minaccioso” e baffuto Charlie Champagne di Middlesbrough e Liverpool, blucerchiato per due stagioni (dall'84 all'86, 78 presenze e 11 gol), come scrive il tabloid britannico, “ha collezionato cartellini rossi in Inghilterra, in Scozia e in Italia e ha quasi scatenato una sommossa popolare in Turchia, piazzando la bandiera del Galatasaray allo stadio del Fenerbahçe”: anche senza fratturare ossa o picchiare qualcuno, la palma del “peggiore”, secondo gli inglesi, gli spetta di diritto. A seguire Andoni Goikoetxea (killer basco di Maradona ai tempi del Barça) e Dave Mackay (mediano scozzese classe 1934); quarto e unico tra gli italiani, un altro baffuto ex doriano: si tratta di Romeo Benetti, a Genova nel campionato 1969-70 (30 presenze e 3 reti in blucerchiato), dipinto, in questa rassegna di macellai del pallone come una sorta di bestia sempre pronta a ruggire in linea mediana.

Federico Berlingheri

sabato 5 gennaio 2008

Cassani, la Samp e il mercato di gennaio

Il calciomercato ha sempre il suo fascino. Quello di gennaio poi forse ancora di più: un mese soltanto, molte aspettative, infinite speranze per raddrizzare campionati storti, nati male o per continuare a sognare in posizioni di classifica insperate alla vigilia. Storicamente, alla Sampdoria, grandi affari di “riparazione” non se ne sono mai visti. Anzi. Da quando Riccardo Garrone si è insediato alla guida della società, la sessione invernale di trasferimenti ha portato alle varie corti di mister Novellino dodici calciatori. Dal primo mese dell'anno 2003 a quello del 2007, Beppe Marotta e i suoi collaboratori hanno ingaggiato nell'ordine: Cassani, Miceli, Cipriani, Floro Flores, Pagano, Simone Inzaghi, Gasbarroni, Iuliano, Marchesetti, Colombo, Zotti e Ziegler. Tra questi, la palma del meno impiegato spetta senza dubbio al primo, al palermitano Mattia Cassani, che domenica tornerà a Marassi con la maglia rosanero.

Cresciuto nel vivaio della Juventus e prestato dai bianconeri al Doria a fine gennaio 2003, l'allora ventenne terzino destro di Borgomanero finì per disputare soltanto due presenze da titolare in Serie B: la prima a Terni, il 12 maggio 2003, la seconda - e ultima - a Verona, dodici giorni più tardi, a promozione già conquistata. Chiuso dal titolare Sacchetti e dalla sua riserva di lusso Sakic e abbonato alla panchina, nel bis di occasioni in cui fu chiamato in causa, Cassani riuscì - comprensibilmente - a dimostrare poco e nulla. A fine campionato, la Sampdoria lo lasciò partire senza rimpianti e la Juve - che lo aveva fatto esordire in Champions - lo dirottò, prima in prestito poi in comproprietà, all'Hellas Verona. Nei tre anni in gialloblù, dimostrando un'innata duttilità in ogni ruolo della difesa, e maturando parecchio, Cassani si mise in luce, ma non abbastanza per l'auspicato ritorno alla casa madre: ad accaparrarselo fu infatti il Palermo di Zamparini con cui, dall'estate del 2006, con alterne fortune, gioca a livelli medio-alti.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 5 gennaio 2007)

venerdì 4 gennaio 2008

Foti in prestito al Messina

La notizia era nell'aria già da qualche settimana, ma solo questa mattina, con l'apertura del calciomercato, è arrivata l'ufficialità: Salvatore Lillo Foti è passato in prestito dalla Sampdoria al Messina.

Classe '88, vent'anni da compiere il prossimo 8 agosto, nazionale Under 20, l'attaccante di Aci Catena, attualmente in comproprietà tra i blucerchiati e l'Udinese, si era già aggregato alla truppa giallorossa di Di Costanzo a partire dal 2 gennaio.

Col trasferimento in riva allo Stretto, Foti torna così in Serie B, dove lo scorso campionato, con la maglia biancorossa del Vicenza, in 23 partite aveva segnato 6 reti. Otto in 10 presenze le ha invece realizzate in questa prima parte di stagione con la Primavera doriana di Fulvio Pea.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 4 gennaio 2008)