venerdì 28 dicembre 2007

Cyntia, la doriana carioca innamorata del "suo" capitano

Milano-Genova-Rio de Janeiro. Un sussulto lungo più di novemila chilometri. È quello che avrà di sicuro fatto Cyntia una volta venuta a conoscenza del desiderio dell'Inter di strappare Sergio Volpi alla Sampdoria. Sì, perché la Cyntia in questione, pur essendo concittadina di Ronaldo, non tifa Milan; pur facendo Santana di cognome, non tiene per la Fiorentina. Cyntia, trentaduenne professoressa d’Inglese, cultrice di Henry James e Jane Austen, blogger incallita (http://psicologiavencido.blogspot.com/ l'indirizzo del suo sito web), è infatti una grande tifosa sampdoriana, letteralmente innamorata del “suo” capitano, che - per sua fortuna -, malgrado le lusinghe nerazzurre, continuerà ad ammirare in blucerchiato.

Una passione nata - è proprio il caso di dirlo - da lontano quella dell’insegnate carioca per il regista di Orzinuovi, viva già da quando Volpi giocava con la casacca rossa del Piacenza (“L’ho sempre ritenuto un grande calciatore, di talento - spiega Cyntia in un Italiano impeccabile -, che però non ha mai avuto chance di giocare in una grande squadra e per farsi notare appieno dai ct della Nazionale”). Poi, l’arrivo a Genova ha fatto il resto. “Il tifo per la Sampdoria è nato proprio durante l’anno dell’ultima promozione in Serie A - ammette Cyntia -. I colori mi affascinavano davvero. La tifoseria e la città pure. Difficile spiegare perché e quando, di preciso, ho cominciato a tifare Samp. Di sicuro Sergio Volpi è il mio calciatore preferito. Da sempre. Ed il suo approdo in blucerchiato è stato determinante per me”. Il Doria però non le era affatto sconosciuto, neanche quand’era bambina e seguiva la Serie A al fianco del papà.

“Qui in Brasile abbiamo alcune emittenti televisive che trasmettono il calcio italiano - continua Cyntia -. Lo seguo con passione da quando ero più giovane. Dopo il Mondiale del ’90, le partite furono trasmesse con più continuità, mio padre non ne perdeva una ed io con lui. All’inizio, però, non avevo una squadra per la quale fare il tifo. Il Brasile, si sa, ha sempre ceduto grandi calciatori al vostro campionato: il primo che ricordo è Zico che militava nell’Udinese. Poi ci sono stati altri, come Taffarel, uno dei miei preferiti, nel Parma e Toninho Cerezo proprio nella Sampdoria”. Con Toninho blucerchiato - recitavano le strofe del samba firmato fratelli De Scalzi e Federico Sirianni - il Brasile è anche po’ qua. E viceversa il Doria era anche un po’ in Brasile.

Gli echi di quel calcio samba che più samba non si può, di quella grande squadra che mieteva successi in Italia e in Europa giungevano infatti addirittura dalle parti del “Mário Filho” di Rio, più noto come Maracanã, dove Cynthia viveva e vive tuttora e può confermare: “Cerezo a parte, la Sampdoria era assai conosciuta qui in Sud America, nel mio paese in particolare, e di conseguenza anche io, grande appassionata di pallone tricolore, non potevo fare a meno di conoscerla: sapevo dello Scudetto conquistato nel ’91 con Vialli e Mancini, i Gemelli del gol, protagonisti; conoscevo Pagliuca, poi ceduto all’Inter. Di Attilio Lombardo inoltre conservo un piacevolissimo ricordo”.

Già, un ricordo. Di quella Sampdoria resta poco e altro, ma, a dispetto della lontananza, dell’Atlantico di mezzo, l’attaccamento per quella maglia, per quei colori resta intatto, anzi, aumenta col passare del tempo. “Quando, non capita spesso, trasmettono alla televisione le partite della Samp - conclude Cyntia - non esco di casa, non parlo al telefono. Rimango attentissima per novanta minuti e oltre. Non posso assolutamente distrarmi. Dico sempre ai miei amici che la mia non è una squadra come le altre, il Milan, l’Inter o la Juve, le più famose e seguite: ogni occasione di vedere la Sampdoria 'dal vivo' è speciale ed io non posso fare a meno di farlo, non posso fare a meno di lei”. Di lei e, ovviamente, del “suo” capitano di lungo corso, quel Sergio Volpi che, ogni domenica, sostiene con calore anche a più di novemila chilometri di distanza.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 5 gennaio 2008)

sabato 22 dicembre 2007

Promossi & Bocciati di Roma-Sampdoria

Doni: Quelli là in avanti non chiudono i giochi, lui - su Maggio prima e su Caracciolo poi - salva letteralmente il risultato. I suoi arti superiori si rivelano provvidenziali per le speranze-Scudetto della Roma. Voto 7,5

Totti: E meno male che non avrebbe dovuto giocare... Doppietta con tanto di cucchiaio, tocchi di classe, assist smarcanti e soprattutto una buona tenuta fisica per novantatré minuti. Cosa chiedere di più al Capitano? Il calo nel finale è più che comprensibile. Voto 7

Perrotta: Tanta corsa, altrettanta vivacità e l'astuzia di impattare sul già ammonito Volpi (annebbiato e mazziato. Voto 5) , provocando l'espulsione del capitano doriano. Voto 6,5

Bonazzoli: Fa un gran lavoro, di sacrificio e di sponda, ma non conclude mai verso la porta avversaria. Il che per un attaccante significa serata di vacche magre. Voto 6

Ferrari: Fa rimpiangere Mexes nonostante si guadagni con mestiere il rigore che spiana la strada giallorossa. Voto 5,5

Tonetto: La freccia triestina patisce le incursioni di Maggio (al solito pungente e ficcante. Voto 6) ed è fin troppo costretto sulla difensiva. Voto 5

Palombo: Irriconoscibile. Impreciso, sembra girare a vuoto: un lontano parente dell'Angelo che aveva conquistato con pieno merito l'azzurro. Voto 5

Lucchini: Mettiamo che sia quasi Natale e che Gervasoni, in occasione del penalty, abbia voluto essere “più buono” - con la Roma -; di certo, però, all'ex centrale empolese sarebbe servita maggior malizia in marcatura. Diffidato, ammonito e squalificato al ritorno in campo col Palermo, si mangia il pareggio solo soletto davanti a Doni. Una serataccia. Voto 5-

Federico Berlingheri
(Goal.com, 22 dicembre 2007)

venerdì 21 dicembre 2007

Si rivede Paci, ex mai visto di un Genoa fantasma

Si può essere stati calciatori del Genoa senza avere mai giocato nemmeno un minuto in gare ufficiali? Beh sì: per informazioni chiedere a Christian Abbiati, Maurizio Lanzaro, Marjan Markovic, Alessandro Parisi, Diego De Ascentis ed Ezequiel Lavezzi, tutti protagonisti - loro malgrado - di un'angosciosa e rovente estate rossoblù agli ordini di mister Francesco Guidolin. Oltre a questi, oltre ad un André Ooijer che non si vide mai, anche il difensore goleador Massimo Paci - già tre reti in 10 partite quest'anno -, il quale, sabato pomeriggio con la maglia del Parma, rincontrerà per la prima volta il Grifone dopo averlo già due volte abbracciato e subito salutato.

La prima - come accennato - in quel precampionato thrilling 2005-06 che sancì la retrocessione d'ufficio del Vecchio Balordo in Serie C1. Allora ventisettenne, l'aitante centrale di Fermo, lanciato da Franco Scoglio nell'Ancona '97-98, affermatosi nella Ternana e reduce da una stagione al Lecce più ombre che luci, fu portato in comproprietà al Genoa dal suo grande estimatore Stefano Capozzucca. Con la maglia rossoblù lo si poté ammirare però soltanto in quattro circostanze, in occasione di altrettante amichevoli: il 23 luglio 2005 a Neustift contro i dilettanti tirolesi della Val Stubai (entrato all'inizio del secondo tempo); quattro giorni più tardi, a Schwatz, nell'1-1 con l'Olympiacos (ancora subentrato nella ripresa); il 30 luglio, a Carrara, contro i padroni di casa toscani (titolare e richiamato nell'intervallo); il 4 agosto, ad Aymavilles, nel 3-1 sulla Biellese (subentrato al 15' della ripresa al posto di Marco Rossi).

Poi, il buio. Il declassamento in terza serie provocò una diaspora senza precedenti: tra i tanti migranti, Paci finì in prestito ad Ascoli - annata assai positiva in Serie A -, per essere riacquistato dai rossoblù (a titolo definitivo dalla Ternana che ne deteneva l'altra metà) a fine giugno 2006. Il difensore fu così aggregato alla rosa genoana e, a metà luglio, partì ancora alla volta di Neustift. Sembrava l'inizio di una nuova, duratura convivenza, ma non fu così. Malgrado la critica e il pubblico spingessero per una sua conferma al centro della nuova difesa a tre di Gian Piero Gasperini, il presidente Preziosi, d'accordo col tecnico di Grugliasco, preferì cederlo al Parma, preferendogli il più esperto e collaudato Gaetano De Rosa.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 21 dicembre 2007)

mercoledì 19 dicembre 2007

"Lucio" Spalletti e quel dannato '98-99

Sguardo intenso, pelata lucida, volto scavato dalle tante battaglie, sul campo e in panchina. Modi pacati, gentili, Luciano Spalletti - Lucio per gli amici - è sempre lo stesso di nove stagioni fa. Uomo perbene, semplice e alla mano, rimasto umile nonostante nel corso degli ultimi anni abbia raccolto con Udinese e Roma quei risultati, quei successi che, nella tribolata esperienza blucerchiata, senza ombra di dubbio latitarono.

Correva il giugno del 1998 quando Enrico Mantovani gli affidò la Sampdoria. Trentanove anni compiuti da qualche mese, Spalletti rappresentava allora il volto nuovo, l'allenatore emergente del pallone italico, l'artefice principale del miracolo-Empoli. Partita dalle morbide colline di Certaldo, piccolo comune in provincia di Firenze che - probabilmente - diede i natali a Giovanni Boccaccio, la vita da mediano di Lucio, trascorsa sui campi delle serie minori con Entella, Spezia e Viareggio, si concluse nel '92-93, a 34 anni, con la maglia azzurra dell'Empoli. Non perse tempo Spalletti. Smessi gli scarpini, proprio nella cittadina toscana, a pochi chilometri da casa - che si era spostata prima a Sovigliana e poi a Montespertoli -, cominciò immediatamente l'avventura da tecnico, ben presto culminata con l'esaltante doppio salto, dalla C1 alla Serie A, in tre campionati e con la storica salvezza ottenuta in massima serie nel memorabile '97-98. Poi - come detto - l'approdo al Doria.

Prima di tutto vi fu l'Intertoto. Per tornare in Coppa Uefa, orfana dei partenti Mihajlovic, Veron e Boghossian, una rimaneggiata formazione blucerchiata partecipò alla sconosciuta competizione europea. Con tutti gli accorgimenti e le incognite del caso: ritiro anticipato, preparazione modificata e sfide con retour-match ravvicinato complicarono la vita di Spalletti e collaboratori, all'esordio in una realtà profondamente differente dalla provincia di Empoli. La Samp, trascinata dal solito Montella e da Checco Palmieri, appena arrivato da Lecce, si sbarazzò prima degli slovacchi del Tauris Rimavska Sobota e poi dei belgi dell'Harelbeke ma, in semifinale, trovò sul proprio cammino il Bologna di Carletto Mazzone che la eliminò dal torneo.

L'ingaggio dal Valencia del talentuoso numero 10 argentino Ariel Ortega alleviò la delusione procurata dai rossoblù felsinei, e ci si buttò quindi a capofitto nel campionato. La malasorte, però, stava in agguato. Vincenzo Montella, capitano e leader della squadra, nonché ex compagno del tecnico di Certaldo ai tempi di Empoli, fu ben presto costretto ad un intervento chirurgico alla caviglia destra. Un timido ed inesperto Spalletti dovette così rinunciare al bomber napoletano e fare i conti con una rosa quasi imbarazzante ed uno spogliatoio spaccato in clan: Cate, Cordoba, Zivkovic, Ficini si rivelarono acquisti inopportuni; chi avrebbe dovuto elevare la qualità dell'organico (Sgrò, forse lo stesso Ortega) non rispose alle attese; alcuni senatori (Mannini su tutti) non fecero mistero della propria insoddisfazione. Cocktail distruttivo, questo.

E a sorpresa, il Doria si ritrovò fin dalle prime giornate invischiato nella lotta per non retrocedere. A poco servirono alla causa gli innesti ottobrini di Lassissi e Pecchia: i blucerchiati furono sbattuti fuori dalla Coppa Italia nuovamente per mano del Bologna e, il 13 dicembre del '98, dopo la pesante goleada subita dalla Lazio (5-2), Spalletti venne esonerato, non arrivando quindi a mangiare il celeberrimo panettone natalizio. In realtà, il mister toscano, fece in tempo a gustare le bugie di Carnevale perché l'accoppiata Platt-Veneri che prese il suo posto riuscì, con soltanto 3 punti raccolti in sei giornate, a fare peggio di lui, portando la Samp da quintultima a penultima in classifica. Erano i primi di febbraio. Nel frattempo, l'Aeroplanino Montella era tornato a decollare, Enrico Mantovani aveva acquistato il regista brasiliano Doriva ma si era inimicato il “Palazzo” - già non troppo indulgente nei confronti del presidente doriano - per aver ingaggiato un allenatore (Platt) senza patentino. Palazzo a parte, la situazione non appariva così drammatica anche perché lo Spalletti-bis si dimostrò un mister differente, maturato, più deciso, fermo nelle proprie convinzioni.

Tra alti e bassi, il Doria arrivò così al penultimo turno di campionato con l'obbligo di vincere per sperare ancora nella salvezza. Guarda caso, sulla strada blucerchiata - per la sesta volta dall'inizio della stagione! - il Bologna di Mazzone. Era il 16 maggio '99. Un gol per tempo di Montella portò i suoi sul 2-1 ma, al minuto 94, la “mano nera” del Potere si materializzò e assunse un volto, un nome ed un cognome: Alfredo Trentalange di Torino, arbitro. La storia è nota: Simutenkov svenne in area doriana, il fischietto assegnò il penalty che il freddissimo svedesone Ingesson trasformò alle spalle di Ferron. 2-2 e retrocessione in B. Samp all'Inferno dopo diciassette anni. Per migliaia di tifosi blucerchiati una ferita dolorosa ed indelebile; per Lucio Spalletti la più grande delusione della carriera. Delusione mai digerita, che non ha mai nascosto di volere, un giorno o l'altro, riscattare.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 20 dicembre 2007)

domenica 16 dicembre 2007

Promossi & Bocciati di Sampdoria-Fiorentina

Maggio: Semplicemente stratosferico. Corre come un matto, difende e attacca e si conquista pure un rigore sacrosanto (negatogli dallo scandaloso Gava). Si potrebbe pensare che il suo pomeriggio sovrumano sia dovuto alla presenza della sua ex squadra (che ne detiene ancora metà del cartellino); ma, in realtà, non è così. Christian gioca in tal guisa ogni domenica e, in questo momento, è senza ombra di dubbio il miglior esterno destro italiano in circolazione. Voto 7,5

Cassano: Il solito Fantantonio ossia genio e sregolatezza, croce e delizia. Retorica a gogò? Beh sì, ma si tratta della verità. Le lacrime dopo l'ammonizione - la terza in tre partite giunta per proteste che gli precluderà il match di sabato contro la “sua” Roma - sono degne del miglior Mario Merola; il gol e i lampi di classe da fuoriclasse assoluto. Voto 7

Donadel: La sognava una rete così, proprio a Genova, contro quella Sampdoria che tre stagioni or sono non aveva creduto in lui. Entra e si rivela subito decisivo con un fendente terra-aria che vale l'1-2: purtroppo per lui e per i suoi non arrivano i tre punti, ma vincere oggi - ad essere obiettivi - sarebbe stato troppo. Voto 6,5

Franceschini: Gregario assai prezioso. Voto 6,5

Jorgensen: Il terzino che non ti aspetti svolge il suo ruolo con invidiabile sicurezza e altrettanta diligenza. Voto 6+

Montolivo: L'assist al bacio per il pareggio di Mutu (sempre pericoloso. Voto 6,5) è una perla di rara bellezza. Un lampo nell'anonimato che gli vale una sufficienza stiracchiata. Voto 6-

I dribbling di Campagnaro: Rischia spesso, ma quando se ne va in dribbling e schiaccia sull'acceleratore Toro - come lo chiamano mister Mazzarri e compagni - diventa incontenibile. E la Sud apprezza. Voto 8

Gastaldello: Primo tempo da ricordare (secondo gol in Serie A, primo con la maglia blucerchiata e tanta autorità su Vieri); ripresa da dimenticare (azzecca poco: troppi appoggi, passaggi e lanci ceffati). Voto 7 per i primi 45', 5 per i secondi

Kroldrup: Un disastro. Goffo ed impacciato come neanche il disneyano Pippo. Voto 4,5

Federico Berlingheri
(Goal.com, 16 dicembre 2007)

sabato 15 dicembre 2007

La breve storia blucerchiata di Donadel

In principio venne Massimo Donati da Sedigliano, provincia di Udine. Era la stagione 2003-04. A Samuele Sam Dalla Bona di San Donà di Piave toccò invece - volesse il Cielo - chiudere i giochi al termine dell'annus horribilis 2005-06. In mezzo vi fu lui, Marco Donadel da Conegliano Veneto, classe '83, baby mediano cresciuto a pane e Milan nel vivaio rossonero, ovvero il secondo esemplare afflitto dalla sindrome tutta blucerchiata delle “tre D”. Donatidonadeldallabona da dire tutto d'un fiato, proprio come un fiato, un amen, durarono le avventure alla Sampdoria di questo trio di centrocampisti del Nord-est, giunti in prestito da Milanello - il contemporaneo buon Sammarco è invece in comproprietà e, menomale, non fa testo - ed eclissatisi puntualmente all'ombra dei titolarissimi Volpi&Palombo. Quella di Donadel, però, si rivelò l'esperienza più effimera di tutte.

Sbarcò al “Mugnaini” di Bogliasco appena ventunenne, nei primi giorni del luglio 2004. Capelli biondicci, stempiatura incipiente, modi pacati e discreti. Un giovane vecchio, insomma, già maturo, un tipo che, anziché cavalcare la routine nominando le più che scontate veneri nostrane Bellucci, Ferilli o Canalis, avrebbe preferito un'uscita a cena con Silvio Berlusconi. Mah, contento lui... Oltre alla testa sulle spalle - dicevamo - Marco portava con sé un esordio in serie A col Milan, a San Siro, il 4 marzo 2001 a neanche diciannove anni, una promozione da titolare col Lecce di Delio Rossi (terzo in B nel 2002-03) ed il primo campionato di massima serie (l'anno dopo) nel Parma dei Prandelli-boys. Eppoi un ruolo da primadonna nell'Under 21 gentiliana - vincitrice dall'Europeo di Germania e bronzo ad Atene 2004 - di cui, poco dopo, ne sarebbe divenuto il capitano di lungo corso. Insomma, un curriculum à la Shirley Temple, brillante e scintillante nonostante la tenera età.

“Arrivo in punta di piedi sperando di non essere solo di passaggio - dichiarò modesto non appena venne ufficializzato il suo trasferimento in blucerchiato -, farò di tutto per mettermi in mostra”. Di occasioni per farlo, però, gliene furono concesse ben poche. Si sa infatti che Walter Alfredo Novellino non guarda in faccia nessuno; ed in tal guisa si comportò allora col gioiellino milanista Donadel, preferendogli il collaudato tandem Volpi-Palombo e relegandolo spesso in panchina, malgrado la società di via Turati proprietaria del suo cartellino ne auspicasse un utilizzo più frequente. Fu così che, di comune accordo, nel gennaio di ormai quasi tre anni orsono, le strade del mediano veneto e della Sampdoria si separarono in via definitiva dopo sole 8 partite in campionato (la metà da titolare e l'altra da subentrato) più una singola in Coppa Italia e soli sei mesi di convivenza.

Si separarono senza rimpianti perché Donadel, ceduto alla Fiorentina, sta a tutt'oggi confermando in viola - agli ordini del suo mentore Prandelli - tutto ciò che di buono si era detto e scritto sul suo conto, mentre il Doria di Novellino prima e di Mazzarri ora ha continuato e sta continuando a beneficiare del carisma di un leader nato come capitan Volpi e ne ha trovato in Angelo Palombo il designato e degno successore. Alla faccia dei prestiti, alla faccia delle “tre D”.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 15 dicembre 2007)

giovedì 13 dicembre 2007

Fedelissimi alla solidarietà

GENOVA - Dicembre 2003: diecimila bandierine del Doria; 10.500 euro raccolti. Dicembre 2004: altre dodicimila bandierine; altri 11.000 euro racimolati. Dicembre 2005: diecimila berretti di lana blucerchiati; cifra record di 14.000 euro incassati. Dicembre 2006: altri diecimila capellini, questa volta biancocerchiati; 12.500 euro messi insieme.

In quattro anni, il Club Fedelissimi Sampdoriani 1961 ha devoluto all’Associazione Gigi Ghirotti, Onlus genovese che si occupa di malati terminali, circa 48.000 euro. Il tutto in nome della solidarietà ed in memoria di Simona Colombino, anima del club scomparsa nel 2002 a soli 36 anni dopo una lunga malattia.

Per la quinta stagione consecutiva, anche quest'anno, con l’avvicinarsi del quinto anniversario della morte di Simona, i Fedelissimi distribuiranno, al costo minimo di 3.50 euro, migliaia di sciarpe blucerchiate. In occasione di Sampdoria-Fiorentina di domenica prossima, saranno infatti allestiti punti vendita presso gli ingressi della Gradinata Sud e all’angolo tra la stessa Sud e la Tribuna.

Anche quest’anno l'intero incasso, al netto dei costi, andrà in favore dell’Onlus presieduta dal professor Henriquet. L’invito ad aderire all'iniziativa è perciò rivolto a tutti “perché così facendo - si legge nel comunicato del club - si aiuta una delle associazioni più importanti di Genova e allo stesso tempo si ricorda una grande tifosa blucerchiata”.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 13 dicembre 2007)

domenica 9 dicembre 2007

Promossi & Bocciati di Udinese-Sampdoria

Quagliarella&Cassano: Altro che storie: due così agli Europei austro-elvetici devono andare insieme e di corsa. Due gol dei suoi ed un'infinità di occasioni per il centravanti stabiese; rigore procurato e assist al bacio per il talento barese, il tutto - per entrambi - inframmezzato da continui lampi di classe e giocate da campioni. Due tipi tosti, fortissimi, capaci di rendere più bello il nostro povero calcio. Voto 8

Inler: D'Agostino è in tribuna, Pinzi pure, Eremenko è al suo fianco ma non gira. Dove sta il problema? Il rasato Gökhan corre per due, forse per tre, e dirige il gioco friulano con sapienza e maestria. Gioca una ripresa stratosferica, confermandosi anche in questo piovoso pomeriggio come una delle sorprese più liete di questa Serie A. Voto 7,5

Maggio: Padrone indiscusso della fascia destra. Da quando è rientrato in squadra, sia in fase di copertura sia in fase offensiva, sta offrendo un contributo fondamentale. Non s'arrende mai e non molla di un centimetro, anche agli sgoccioli della ripresa. Voto 7,5

Di Natale: Dopo Quaglia e Peter Pan, Totò merita anch'egli una menzione in chiave azzurra. Lui, già punto fisso dell'undici donadoniano, non ha più bisogno di presentazioni. Vivacissimo nel primo tempo, un po' meno nel secondo, ma resta un costante spauracchio per la retroguardia doriana. Voto 7

Gastaldello: La sua valutazione è una media pesata tra il 7 complessivo - quanti anticipi, chiusure e ripartenze... - ed il 5 nell'occasione del 2-2 udinese, quando Floro Flores (che impatto con la partita! Voto 7) gli sfugge sulla destra senza essere contrastato. Peccato, perché sbaglia una chiusura decisiva. Voto 6

Volpi: Annebbiato. Non il solito spirito da capitano, il piglio del trascinatore. Dovrebbe osare di più, quando, col pallone tra i piedi, si trova al limite dell'area. Tira! Voto 5,5

Asamoah: Semplicemente inconcludente. Voto 5

Zapotocny: Cassano lo uccella, il ceco lo stende, Damato dà rigore, Marino lo toglie. Cronistoria di una domenica da dimenticare sul piano personale. Voto 4,5

I due salvataggi di Pieri: Minuto 15 e minuto 33: due reti bianconere già fatte evitate alla grande dall'esterno grossetano. Bis di salvataggi “dell'ex” che - a posteriori - si rivelerà inutile - ma che sa comunque di miracolo. Voto 8 per le diagonali difensive

Federico Berlingheri
(Goal.com, 9 dicembre 2007)

Quagliarella ex che non perdona, Doria k.o. nonostante un super-Cassano

Partiamo dal fondo, da un pari che sarebbe stato sacrosanto ma che, alla fine, non è arrivato. L'arrembante Udinese, sempre più quarta forza della Serie A, non ruba nulla e, in rimonta, batte al fotofinish una Sampdoria brava ma troppo Cassano-dipendente. Al “Friuli” finisce 3-2 e lo spettacolo la fa da padrone.

Stanti le squalifiche di D'Agostino, Dossena e Pinzi, Marino deve inventarsi metà centrocampo: in cabina di regia Eremenko viene preferito a Boudianski; Lukovic, dirottato sulla corsia mancina, fa largo in retroguardia a Zapotocny. Nel trio d'attacco, confermatissimo al centro Quagliarella, giocano Asamoah e Di Natale. Mazzarri, ancora orfano dei lungodegenti Delvecchio e Montella, deve fare i conti con le febbri di Ziegler e Caracciolo, e ripropone l'undici che otto giorni fa ha strapazzato la Reggina. Gastaldello vince il ballottaggio con Lucchini come terzo di difesa mentre Sammarco e Bellucci sostengono in avanti il confermatissimo Cassano.

Dopo neanche due minuti è subito Udinese: punizione di Di Natale, centrale ma forte, Castellazzi non rischia e alza in angolo. Dalla bandierina i bianconeri continuano a premere: ancora il folletto partenopeo aggancia sul vertice sinistro dell'area di rigore e calcia un destro di prima intenzione sul quale ancora Castellazzi mette in corner. Proprio da un corner nasce, al 7', anche la prima palla-gol ospite: capita sui piedi - non proprio raffinati - di Gastaldello che, da buona posizione, spara in curva. Dopo un avvio col freno a mano tirato, i blucerchiati escono dal guscio e segnano pure, ma in fuorigioco, con Cassano. La gara è avvincente, ricca di capovolgimenti fronte. Al 15', lo scatenato Di Natale semina il panico sulla corsia mancina, salta Campagnaro e mette in mezzo per la coppia Asamoah-Quagliarella. Al “Friuli” si grida alla rete, ma senza fare i conti con Pieri, che salva prodigiosamente un gol già fatto. Il gol, però, arriva lo stesso e lo fa al 23' proprio Di Natale, assistito alla grande da Quagliarella. L'ex doriano, sottratta palla a Sammarco, lancia il suo - sontuoso - capitano in profondità; il numero 10 friulano, col piatto destro, non sbaglia e segna il sesto centro stagionale. Sbaglia invece, subito dopo, il Doria, stordito dallo svantaggio: ne approfitta ancora Quaglia che parte per il corridoio centrale ma viene braccato da Campagnaro. Per la prima volta nell'arco dell'annata, la Sampdoria reagisce e ottiene anche il primo rigore dell'era-Mazzarri. Se lo conquista Cassano, poco dopo la mezz'ora: il gioiello barese uccella in area Zapotocny; il ceco lo stende e Damato assegna un penalty nettissimo. Sul dischetto va Bellucci che, di potenza, supera Handanovic. I padroni di casa si rimboccano subito le maniche e, ancora Pieri, al 33', evita un gol già fatto su Quagliarella: sul colpo sotto del centravanti stabiese, l'esterno grossetano spazza sulla linea. La partita è accesa e vibrante, ricca di occasioni, da una parte e dall'altra. Enorme quella divorata da Cassano, solo e soletto in area al 37': Handanovic forse tocca, non per Damato e il fuoriclasse di Barivecchia - che reclama l'angolo - s'arrabbia: ammonito. Ma Peter Pan non si scoraggia: al 40' fa quello che vuole in area, bevendosi Mesto e Lukovic, e serve un assist al bacio per Maggio. L'ala vicentina, nonostante l'azione di disturbo di Eremenko, segna a porta sguarnita l'1-2 doriano che chiude la prima frazione.

La seconda si apre con Siqueira al posto di Zapotocny, Lukovic torna alle origini, sulla linea dei difensori e migliora il proprio rendimento. Sotto l'acquazzone, il ritmo appare - inevitabilmente - più blando tant'è che la prima occasione arriva al 59'. Quagliarella prova, invano, dalla distanza. Sintomo, questo, della carenza di sbocchi per gli udinesi. Marino toglie così un inconcludente Asamoah e inserisce Floro Flores. Mossa che lo premierà. Minuto 65, Lukovic scappa sulla sinistra e cross per la testa di Di Natale: i pugni di Castellazzi si rivelano efficaci. Cassano, semplicemente fantastico, esce stremato al 66', al suo posto Bonazzoli, al quale Damato non consente di muoversi perché sempre sanzionato con falli. I nuovi entrati bianconeri, di contro, in particolare Floro Flores, danno vivacità. Al 70', il fresco 83 ex aretino sfugge sulla destra e centra sul secondo palo dove è appostato Quagliarella che sigla il 2-2 e non esulta. La Sampdoria accusa il colpo, ora l'Udinese acquista fiducia e vigore negli attacchi. Poi, quando pare essersi assopita, all'86', ci pensa il solito fortissimo, imprevedibile Quaglia ad inventare il 3-2 con un beffardo bolide dai 20 metri. Il Doria non ne ha più e l'uomo ovunque Inler legittima la vittoria con un palo nel recupero.

Federico Berlingheri

Tabellino

Udinese-Sampdoria 3-2

Reti: 23' Di Natale, 31' Bellucci (rig.), 40' Maggio, 70' e 86' Quagliarella

Udinese (3-4-3): Handanovic 6; Zapotocny 4,5 (46' Siqueira 6), Felipe 6, Zapata 5,5; Mesto 5,5, Inler 7,5, Eremenko 5,5, Lukovic 6,5; Asamoah 5 (61' Floro Flores 7), Quagliarella 8 (90' Pepe s.v.), Di Natale 7. All. Marino 6,5

Sampdoria (3-4-2-1): Castellazzi 6,5; Campagnaro 5,5, Sala 6, Gastaldello 6; Maggio 7,5, Volpi 5,5, Palombo 6, Pieri 6,5 (85' Accardi s.v.); Sammarco 6,5 (75' Franceschini 5,5), Bellucci 6; Cassano 8 (66' Bonazzoli 6). All. Mazzarri 6,5

Arbitro: Damato di Barletta 5,5

Ammoniti: Gastaldello, Cassano, Sammarco, Palombo, Siqueira

Espulso: Mazzarri per proteste al 91'

(Goal.com, 9 dicembre 2007)

Remembering "Quaglia"

Col quasi compaesano Di Natale forma una delle coppie più forti della Serie A, ma anche una delle meno forbite. L'eloquenza e la dialettica non rappresentano difatti le prerogative migliori di Fabio Quagliarella e - soprattutto - del suo compagno di reparto bianconero, sempre in bilico, nel bel mezzo delle interviste di rito, tra strafalcioni grammaticali o bisticci con i congiuntivi. Ma, d'altro canto, a calciofili, tifosi e addetti ai lavori dell'Italiano poco interessa: l'importante è parlare sul campo la lingua dei fuoriclasse, e quella ad Udine la si parla senza possibilità di smentita.

Già, perché Quaglia, dopo un avvio stentato, anche nel freddo - in tutti i sensi - Nord-Est, sta confermando tutto ciò che di aveva fatto di grandioso nell'ultima sensazionale annata in maglia blucerchiata, e sta confermandosi come uno dei migliori centravanti - non solo italiani - in circolazione. Tecnico, rapido, fulmineo, sgusciante e guizzante, capace di vedere la porta come pochi altri: il solito Quagliarella insomma, il quale, a riprova della propria duttilità, due degli ultimi tre gol - quello a Firenze e quello di domenica scorsa contro la Roma - li ha segnati nell'inedito ruolo di punta centrale nel tridente disegnato da Marino. Due gol d'autore, quelli citati, che non possono non ridestare ai tifosi doriani la malinconica memoria di quello scugnizzo di Castellammare col numero 27 sulla schiena, di quella sua fugace e magica esperienza genovese. Pallonetti, serpentine, rovesciate, colpi di testa, tiri al volo, bombe da quaranta metri: un repertorio da campione, un cocktail vincente, esplosivo tra la potenza folgorante di Enrico Chiesa e la classe vivida di Vincenzo Montella. Malgrado la pochezza generale dell'ultima Sampdoria targata Novellino, Quaglia, il ragazzo acqua e sapone giunto in Liguria - con Pieri in cambio della metà di Lillo Foti - per fare apprendistato, era divenuto l'unico in grado di far sognare, il solo capace di entusiasmare e accendere Marassi d'entusiasmo dopo la squalifica di Francesco Flachi.

Tra campionato e Coppa Italia, furono 14 le sue mai banali marcature, ma il sogno di un idillio blucerchiato svanì una sera di quasi estate. Era il 6 giugno scorso, girone di qualificazione per l'Europeo 2008. Con la divisa azzurra dell'Italia, grazie a due perle da cineteca nel giro di un quarto d'ora, Fabio fece volare i ragazzi di Donadoni al “Darius & Girėnas Stadium” di Kaunas, contro i lituani padroni di casa. Da provinciale semisconosciuto a eroe nazionale il passo fu breve - anzi, brevissimo - e l'Udinese, comproprietaria del suo cartellino, decise allora di giocare sporco. Nonostante il gentlemen's agreement, per il rinnovo della compartecipazione e la conseguente permanenza al Doria, fosse già concreto, l'esito delle buste cancellò l'illusione. I blucerchiati scrissero 6 milioni e mezzo, i friulani 7,3 e Quagliarella, di malavoglia, volò via. Rabbia, delusione, sconforto si susseguirono in città dopo quell'amaro pomeriggio del 22 giugno 2007, allorché l'ingaggio di un certo Antonio Cassano pareva ancora puro fantacalcio. Poi, però, Beppe Marotta fece in modo di tramutarlo in realtà. E oggi, anche senza il genio di Quaglia, ci si “consola” - si fa, ovviamente, per dire - col talento di Barivecchia, un altro che non avrà un'oratoria ciceroniana ma che con il pallone tra i piedi ci sa fare eccome.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 11 dicembre 2007)

venerdì 7 dicembre 2007

Paul Codrea, il romeno più apprezzato

L'emergenza criminalità, gli incidenti mediatico-diplomatici tra i due paesi, le due Nazionali nello stesso girone all'Europeo austro-elvetico. Oggi in Italia, per un motivo o per l'altro, la Romania è un po' sulla bocca e sulla penna di tutti. Al Genoa, dei tanti connazionali di Vlad III di Valacchia, noto ai più come il Conte Dracula, transitati negli ultimi tempi per il “Pio” di Pegli - Mihalcea, Nastase, Sava, Niculescu -, il senese Paul Costantin Codrea resta senz'altro il più importante e apprezzato. Forse - anzi, sicuramente - perché rispetto alle effimere apparizioni dei suoi colleghi romeni, dal gennaio 2001 al gennaio 2003, il giovane ma già nazionale regista di Timisoara riuscì a mettere insieme con la maglia del Grifone 50 presenze e due gol in campionato, più due gettoni in Coppa Italia. E avrebbe potuto collezionarne molte di più se, il 10 giugno 2001 - ultima giornata di una stagione che senza il suo arrivo avrebbe potuto prendere pieghe drammatiche -, in uno scontro con l'allora cagliaritano Suazo, non si fosse gravemente infortunato ad un ginocchio.

La frattura, il conseguente intervento e la lunga riabilitazione, gli consentirono di tornare in campo soltanto il 23 dicembre successivo, ironia della sorte proprio a Cagliari. Intanto, dal suo sbarco in rossoblù dall'Arges Dacia di Piteşti, si erano succeduti un sacco di allenatori - il duo Magni-Carboni, Bruno Bolchi, l'altro duo Scoglio-Onofri - e, di lì a poco, sarebbe toccato ad Edy Reja, che - come tutti gli altri - non poté esimersi da schierarlo titolare. Tecnica sopra la media, buon calcio, ottima visione di gioco, in un Grifo dallocostiano salvo grazie al ritorno di Onofri ma assai spennacchiato, il piccolo Paul sapeva fare la differenza. Anche per questo, nel gennaio 2003, con il Genoa ancora una volta a barcamenarsi nelle zone pericolanti della graduatoria cadetta, Nube che corre pensò bene di cederlo al Palermo così come aveva fatto con l'altro pezzo pregiato Marco Carparelli, venduto all'Empoli. Mosse, queste, che consentirono ai rossissimi conti rossoblù di rifiatare, ma che al disperato Vecchio Balordo di Torrente e Lavezzini non permisero di agguantare la salvezza.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 7 dicembre 2007)

domenica 2 dicembre 2007

Promossi & Bocciati di Sampdoria-Reggina

Cassano: La Sud è zitta per protesta, Antonio, di ritorno da più di un mese di stop, la infiamma sin da subito con l’assist al bacio per l’1-0 di Bellucci. Poi, un’ora abbondante di classe cristallina e tecnica sopraffina, il tutto condito da un pizzico di immancabile nervosismo. Il fenomeno di Barivecchia sfoggia ogni lato del proprio repertorio e il “Ferraris” blucerchiato ringrazia con la standing-ovation al momento della sostituzione. Voto 7

Sammarco: Per uno abituato a due marcature all’anno, tre in una dozzina di presenze sono decisamente tante. Exploit che giova al Doria, exploit che giova a questo centrocampista che, rete a parte, offre sempre tanta qualità in mezzo al campo. Arrivato per far la riserva, si sta rivelando una piacevolissima sorpresa. Voto 7

Bellucci: Due gol - settimo e ottavo sigillo stagionale tra campionato e Coppa Uefa -, la solita rapidità, la solita grinta, la solita dedizione. Bello - trentaduenne tornato in blucerchiato a…costo zero (!) - è sempre più leader e capocannoniere di questa Samp. Scusate se è poco… Voto 7

Pieri: Spesso e volentieri beccata dalla critica, la Cavalletta grossetana continua a macinare chilometri sulla corsia mancina. Con spinta costante e in modo assai positivo. Voto 6,5

Amoruso e Vigiani: Davanti a quello che fu il loro maestro e quello che di uno fu il suo pubblico e dell’altro avrebbe potuto essere, sono gli unici amaranto che tengono in allerta la difesa blucerchiata. Malgrado l’impegno, male assistiti dal resto della squadra, riesce loro poco o nulla. Voto 6

Modesto: Questa sera di nome e di fatto. Voto 5

Ulivieri in panchina: Tarantolato, nonostante i prossimi saranno sessantasette, saltella manco fosse il nuovo testimonial di una nota marca di olio d’oliva. La sua Reggina però naufraga e lui, allontanato dopo aver battibeccato pesantemente con Cassano, la lascia senza guida ad inizio ripresa. Voto 5

Ulivieri in sala stampa: Battuta pronta e schiettezza tipica del toscanaccio navigato. Renzaccio dà il meglio davanti a taccuini e telecamere, non condannando l’operato dell’arbitro, scusando Fantantonio ed elogiando la sportività del pubblico di Marassi. Un vero signore. Voto 9

Le mancate espulsioni di Bellucci e Missiroli: Da regolamento, ci stavano tutte, entrambe, per doppia ammonizione. In entrambi i casi, Tagliavento ha usato il buonsenso. Virtù rara che quindi sorprende. Voto 7,5

Il rientro di Accardi: Ci sono voluti più di tre mesi in naftalina prima di rivederlo calcare un prato verde in gare ufficiali. Pietro il siculo è tornato, come sempre, a muso duro, e questo fa ben sperare mister Mazzarri e il pubblico doriano. Voto 8 di incoraggiamento

Federico Berlingheri
(Goal.com, 1 dicembre 2007)

sabato 1 dicembre 2007

"Lillo" Foti decide il baby-Derby

ARENZANO (GE) - “...Segno sempre io!”. Nella gioia dell'esultanza, la maglietta biancocerchiata numero 9 vola via e lascia spazio ad un'altra, con tanto di scritta assai esplicita, che sintetizza al meglio un momento magico sul piano personale. Siamo al minuto 26 del primo tempo. Lillo Foti segna al Genoa la sua ottava rete in otto giornate di campionato, festeggiando nel migliore dei modi la convocazione in Nazionale Under 20, e decidendo soprattutto un Derby Primavera noioso e carico di tensione. Al “Gambino” di Arenzano, campo di casa dei grifoncini di Luca Chiappino, s'incontrano due squadre in forma: i rossoblù sono reduci da tre vittorie consecutive, i blucerchiati di Fulvio Pea guardano tutti dall'alto in basso, capilista solitari a 18 punti. Da una parte e dell'altra si contano le assenze (su tutti Lamantia, Ledesma, Lanzoni e Koman); da una parte e dall'altra arrivano rinforzi dalle “prime”: Lanza e Ghinassi per il Grifone, Bastrini per il Doria. L'equilibrio che caratterizzerà l'intero incontro si evidenzia sin dalle battute iniziali. Si gioca in prevalenza a metà-campo, di occasioni da gol se ne vedono ben poche. Al 7', Eramo viene fermato da Signorini quando stava per concludere verso Lanza. Intorno al 20' il genoano Mazzei prova ad impensierire Fiorillo dalla distanza: alto. Tra l'eccessiva animosità dell'ambiente (l'arbitro Marrocco aveva espulso al 16' mister Chiappino per proteste), ci pensa Foti, fino a quel momento in ombra, ad aprire le marcature, come detto, al 26'. Corner dalla destra, respinta della difesa, palla al centravanti siciliano che controlla e conclude di destro. 0-1: Doria che si difende senza apprensioni e Genoa costretto ad inseguire, ma con troppa confusione e poca testa. Il secondo tempo segue lo stesso canovaccio, con scarse emozioni e il nervosismo a farla da padrone. La consueta girandola di sostituzioni non spezza il sostanziale bilanciarsi tra le due squadre. Foti e Signorini battibeccano per una rimessa con un uomo a terra. I grifoncini si perdono sulla tre-quarti avversaria, gli ospiti ora agiscono in contropiede grazie alla rapidità di Ferrari. Passano i minuti e il Genoa non arriva quasi mai dalle parti di Fiorillo se non da calcio di punizione: D'Alessandro costringe il numero 1 in tenuta verdecerchiata a superarsi in volo al 27' e Ghinassi lo impegna a ripetersi - questa volta col piedone mancino - al secondo minuto di recupero. È l'ultimo sussulto. Finisce quindi 0-1 con i rossoblù mesti a masticare amaro e i doriani festanti a godersi una vittoria che li consolida in testa.

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 2 dicembre 2007)