sabato 24 novembre 2007

David Balleri, quelle lacrime sul viso

Di lui sono rimaste le lacrime - sincere - versate sui rimpianti di San Siro, di un triste e malinconico pomeriggio d'inizio maggio. Milan-Sampdoria, quartultima giornata del campionato '98-99, finì 3-2 con un'autorete di Castellini su tiro di Ganz al quinto ed ultimo minuto di recupero. Qualche istante prima, il trottolino brasiliano Cate, a tu per tu con Abbiati, anziché servire Iacopino liberissimo al centro dell'area, aveva optato per calciare addosso al portiere rossonero il pallone del possibile, incredibile 2-3. Avrebbe potuto essere il gol vittoria, lo slancio decisivo verso la salvezza doriana e l'addio ai sogni tricolore milanisti. Non lo fu. E, al termine di quell'incontro, David Balleri pianse. Pianse a dirotto proprio per questo, perché si rese conto che, a quel punto, soltanto un miracolo avrebbe potuto evitare la retrocessione alla - pur forte - formazione di Luciano Spalletti. Quel pianto a dirotto, ancor più intenso, si replicò al “Dall'Ara” di Bologna, luogo in cui, due settimane più tardi, il miracolo venne ufficialmente polverizzato dalle dissennate decisioni di un certo signor Alfredo Trentalange di Torino.

A quel punto, Balleri - che non rientrava nei piani del nuovo tecnico Ventura - se ne andò in punta di piedi, al Lecce, così come era arrivato a Genova nell'estate del '95. La Sampdoria lo acquistò, insieme con Marco Franceschetti e Pippo Maniero, dal Padova più amato di sempre dai sostenitori blucerchiati, quello che sconfisse ai rigori i cugini rossoblù nel drammatico spareggio-salvezza sotto l'acquazzone del “Franchi” di Firenze.

Livornese d.o.c., classe 1969, il terzino ex patavino si conquistò fin da subito la stima e la fiducia di tutti. In primis quella di mister Eriksson, che fin dal primo giorno di ritiro a Vigo di Fassa gli affidò senza remore le chiavi della fascia destra, della quale divenne titolare, indiscutibilmente inamovibile. Dopo il perdente di successo di Torsby, guidarono il Doria el Flaco Menotti, Vujadin Boskov, Spalletti, Platt e ancora Spalletti. Nessuno di loro, nelle quattro stagioni di David in blucerchiato, cambiò opinione sul suo ruolo. Atleta serio, stantuffo inesauribile, corridore generoso, il toscanaccio faceva del carattere e dell'agonismo le sue armi migliori. Tra queste, non figuravano di certo i cross, i traversoni dal fondo, il più delle volte finiti nella Sud a far felice il fortunato accalappiatore di palloni di turno. Anche per questo, forse, era ben visto e ben voluto. Era grintoso, determinato, il Balleri doriano. Spontaneo, genuino, irruento. Fin troppo. E, pur maturando, non è mai cambiato. Si spiegano così le dieci espulsioni e gli 82 cartellini gialli rimediati fin qui in Serie A, in una carriera lunga oltre 500 partite da professionista, 328 delle quali proprio in massima serie. Carriera che, a 38 anni suonati - e a fine marzo saranno 39 -, David Balleri non ha la minima intenzione di piantar lì.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 24 novembre 2007)

Nessun commento: