martedì 26 febbraio 2008

Rimpianto Lavezzi, rossoblù al momento sbagliato

Meglio Borriello-Leon, Borriello-Di Vaio o Borriello-Figueroa? Considerato che d’ora in avanti, con tutta probabilità, Gasperini farà affidamento sul modulo a due punte, di sicuro quello composto da Borriello e Lavezzi sarebbe stato, nell’immaginario dei sostenitori rossoblù, il tandem dei sogni. Completi, complementari, fatti uno per l’altro: una coppia giovane - il primo dell’82, il secondo dell’85 - e formidabile, in grado di coniugare potenza e classe, fisico ed imprevedibilità, una coppia che al Genoa avrebbe potuto fare sfracelli; e invece fomenta solo rimpianti.

I rimpianti sono tutti per un Ezequiel Lavezzi appena ventenne, capello corto, viso sbarbato e qualche tatuaggio in meno, sbarcato all’ombra della Lanterna nel periodo forse più buio della storia del Grifone: la caldissima e funesta estate del 2005. Come per i Pooh ne “La mia donna”, solo i tempi erano sbagliati. El Pocho (vezzeggiativo per indicare qualcosa di piccolo, ovvero il Piccoletto), santafesino di Villa Gobernador Gálvez, arrivò in rossoblù accompagnato dalla classica fama che accomuna tutti i fantasisti albicelesti che col pallone ci sanno fare - quella assai scomoda di erede di Diego Armando Maradona - e da un curriculum carico di gol e giocate spettacolari. A differenza del Pibe de oro, però, l’impatto con la realtà italiana non fu - per usare un eufemismo - dei migliori: società sul banco degli imputati, squadra in dissoluzione, nel fuggi-fuggi generale in cui si tramutò il ritiro tirolese di Neustift, il mini-delantero argentino venne accantonato in fretta e furia dal neotecnico Guidolin - che lo etichettò come troppo acerbo e inadatto al calcio nostrano - e ben presto rimpatriato, quasi nell’indifferenza generale dell’ambiente. Tra intercettazioni telefoniche, accuse e difese, pubblici ministeri e avvocati difensori, sentenze, ricorsi e un’incombente retrocessione in terza serie, si finì infatti - anche comprensibilmente - per non accorgersi di avere per le mani un potenziale fuoriclasse, un talento puro che l’occhio vigile del presidente Preziosi sul mercato sudamericano aveva permesso di acquistare, bruciando sul tempo la concorrenza, per circa un milione di euro.

Per una cifra di poco inferiore, Lavezzi se ne tornò invece beffardamente in patria, ancora al San Lorenzo di Almagro, club nel quale era stato “parcheggiato” dalla società rossoblù una volta ingaggiato dall’Estudiantes, e dal quale, l’estate scorsa, il Napoli se lo è aggiudicato per poco più di sei milioni di euro. Quando si dice soldi spesi bene…

Federico Berlingheri
(Il Giornale, 23 febbraio 2008)

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