giovedì 4 dicembre 2008

Cassano contro Milito. E il Derby della Lanterna comincia a scaldarsi...

GENOVA - Sono i due giocatori più attesi del Derby, poco da dire. Antonio Cassano e Diego Alberto Milito vogliono dire Sampdoria e Genoa. E soprattutto, vogliono dire spettacolo. La prossima giornata di Serie A li metterà finalmente a confronto, dimostrando che Genova è tornata grande e che sotto la Lanterna si può davvero sognare un calcio di altissimo livello. Per questo motivo, noi di Goal.com, abbiamo voluto metterli a confronto. Raccontando Peter Pan e Principe coi loro grandi pregi, ma anche con le loro pecche tecniche. Non dimenticando quella che è la parte più interessante del pre-gara della stracittadina, quella delle coreografie che potrebbero meritare.

Qualità assoluta
Da una parte la poesia, l’inventiva, un tocco di palla innato, divino e sublime che pare di cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare. Se Dante, da lassù, seguisse il calcio, apprezzerebbe di sicuro. Dall’altra uno tra i centravanti più prolifici d’Europa, con undici reti realizzate in tredici gare, una vera e propria spina nel fianco per qualsiasi difesa, che fa reparto da solo pur non avendo un fisico da corazziere: punta tutto sulla tecnica sopraffina che lo contraddistingue, in particolare nello stretto e nel dialogo con gli esterni; segna ma fa anche segnare - chiedere a Sculli che ha già realizzato cinque gol, una dolce anomalia nella carriera del tornante calabrese…

Difetto maggiore
Il blucerchiato è suo malgrado noto anche per i casini combinati in campo e fuori, i vaffanculo e le corna agli arbitri, gli “allora giocaci tu” al mister di turno, gli eccessi, le irriverenze, le magliette tirate. Insomma, le cosiddette cassanate, frutto di un’impulsività fuori dal comune che ne ha condizionata la carriera fino al 2 marzo scorso, giorno in cui la famosa vena si tappò - si spera - per l’ultima volta. Il Principe, già dal soprannome, non condivide col barese il difetto, ma il suo unico punto debole palese è la scarsa capacità nel colpo di testa; non riesce a staccare di molto, perciò è alquanto improbabile che possa sopraffare le difese avversarie con qualche bella incornata… alla Skuhravy.

Rapporto con la piazza
Reciproco e intensissimo, per entrambi. Poco dopo il suo ritorno sulla sponda rossoblu del Bisagno, Diego poteva già vedere una sua foto appiccicata su un muro di Piazza delle Erbe, nel cuore della città vecchia: segno che il popolo rossoblu non aveva dimenticato il condottiero della promozione 2005, costretto all’esilio dall’intervento della giustizia sportiva che aveva cacciato i grifoni in Serie C. Altro segno: gli abbonamenti, già a quota alta, dopo il suo ritorno sono letteralmente andati a ruba, così come le magliette da gioco col suo nome. La Militomania continua oggi, a mesi di distanza, e non accenna a diminuire: per i tifosi del Grifone, Diego è una sorta di uomo del destino, simbolo della rinascita dell’antico sodalizio ligure. Fantantonio, invece, chiese affetto, in quella calda mattinata del 18 agosto 2007 in cui si presentò allo Starhotel di Brignole. E già lì, i più di duemila tifosi presenti gliene diedero un piccolo antipasto. Da quell’afoso meriggio, slalom dopo slalom, gol dopo gol, Antonio è divenuto l’idolo, uomo-simbolo di un’intera tifoseria; e quell’affetto iniziale s’è ben presto tramutato in amore.

Frase doc
Antonio Cassano: “Io mi accontento di stare bene con me stesso, di vivere da re. Gioco a calcio, guadagno e mi diverto. Il mio talento me l’ha consentito. Se un giorno mi accorgerò che sono stato un cretino ve lo farò sapere. Per ora vado avanti così, con il mio talento inespresso”.

Diego Alberto Milito: “Alla gente dico una cosa: darò tutto me stesso per la maglia, cosa che ho fatto in tutte le squadre in cui ho giocato, ma qui lo farò in modo particolare perché è qui che mi sento a casa mia”.

Se la tifoseria dovesse dedicargli una coreografia, sarebbe…?
I doriani opterebbero per un Peter Pan, eterno fanciullo col numero 99 sulla schiena, in volo fiero e leggiadro su quel mare di colori che è la Sud. Cielo blu, cerchiato di blu, sullo sfondo. E un mesto Capitan Uncino rossoblù, costretto, da sempre ad inseguire e masticare amaro. La Nord replicherebbe con una gigantesca copia della foto che lo vede baciare la maglia sotto la gradinata dopo il rigore segnato al Milan nel settembre scorso: il ritorno del Principe a Marassi, condito dal gol-partita ad uno dei rivali principali della tifoseria genoana... nella speranza di un bis contro i cugini.

Qualità che uno ha e all’altro manca?
Milito ha molto autocontrollo, qualità che lo porta a non incorrere quasi mai in interventi disciplinari: questa attitudine è molto apprezzata anche dai compagni, che non vivono mai momenti di tensione con lui o da lui causati. L’Antonio di piazza del Ferrarese, di nobile non ha nulla. Ma, altro che principi: col cuoio tra i piedi la sua classe non ha i rivali! E poi il piglio da leader, la capacità di assumersi le responsabilità e di caricarsi sulle spalle la propria squadra, spronando i compagni, incitandoli in caso di difficoltà e mettendoci la faccia, sempre e comunque.

L’uno è più forte dell'altro perché...
Milito ha una continuità impressionante: non sbaglia l’approccio ad una partita da tempo immemore. Sul piano tecnico invece è pressoché impossibile fare un confronto, visto che i due giocatori hanno ruoli diversi. Perché? - risponderebbe la Sud. Semplicemente perché gioca nella Sampdoria. Occorre aggiungere altro?

Federico Berlingheri e Marco Martini
(Goal.com, 4 dicembre 2008)

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