domenica 19 luglio 2009

Bellucci ha sete di gol: «Voglio tornare importante»

MOENA (TN) - Bellucci 3, la rivincita. Il suo debito con la malasorte, Claudio, trentaquattro primavere ma ancora una voglia matta di gonfiare le reti avversarie, spera di averlo saldato. Tre interventi chirurgici in meno di un anno e mezzo gli hanno intriso d’amaro l’ultimo biennio alla Sampdoria, la squadra dov’era diventato grande. Conclusa la rieducazione per il suo ginocchio sinistro operato lo scorso 30 marzo, giovedì sera Claudio Bellucci s’è presentato tirato a lucido all’Hotel Dolomiti. Con la smania di un giovincello e il coraggio di rimettersi in marcia. «Se giochi a calcio, il coraggio ce l’hai per forza - comincia, a Moena, il centravanti di San Basilio -. Dopo il terzo infortunio di seguito ci vuole senza dubbio forza morale. Io ce l’ho, sono a posto sotto questo punto di vista. Poi, certo, sentire la stima dell’ambiente mi dà una carica ulteriore per cercare di tornare quello dell’inizio dello scorso anno. Già, perché all’inizio del campionato, ero sì reduce dall’infortunio al tendine, ma mi ero ripreso alla grande. Poi è subentrato il problema al ginocchio e sappiamo tutti com’è finita».

Ora come stai?
«Mi sento molto bene. Ovvio, devo recuperare la settimana in cui ho lavorato da solo a Genova, ma non sono molto indietro. Per mettermi al passo dei miei compagni diciamo che sono a buon punto. Con loro ho fatto già qualcosa: partitella, qualche esercitazione tattica. Ripeto, mi sento molto bene, organicamente devo migliorare ma sono qui per questo».

Per quest’anno quale obbiettivo ti poni?
«Il mio obbiettivo, lo scorso anno, era quello di tornare a far qualcosa di importante per la squadra e per i miei compagni. È il mio obbiettivo anche quest’anno, con la speranza che la sfortuna mi lasci finalmente in pace. I gol? Quando uno sta bene e ha il morale alto i gol arrivano. L’importante è essere alla pari con gli altri e giocarsi le proprie carte; il resto sono chiacchiere».

E per la Samp che stagione prevedi?
«Siamo una squadra giovane e ambiziosa. Ci sono tanti ragazzi bravi, che si applicano e tentano anche il numero; e questo può far solo che bene. Logico che dobbiamo lavorare, come tutte le squadre del resto. Quando si cambia allenatore poi ci vuole ancora più attenzione, soprattutto quando si cambia radicalmente mentalità».

Tu di tecnici in carriera ne hai avuti tanti. Del Neri che tipo è?
«Il mister l’ho conosciuto e posso dire che ho ritrovato la stessa persona di cui mi hanno sempre parlato bene. Non per fare il ruffiano o il perbenista, ma ho sentito con le mie orecchie e visto coi i miei occhi tutto ciò che di buono mi era stato detto sul suo conto. Sono sicuro che con lui non ci saranno problemi, abbiamo parlato e la pensiamo alla stessa maniera».

Anche se là davanti ci sarà tanta concorrenza?
«Certo, io questa situazione la vivo tranquillamente e mi dà la forza per tornare a fare ciò che facevo prima. Quello che hanno fatto di buono Cassano e Pazzini, d’altronde, è sotto gli occhi di tutti. Sono sincero quando dico che sono molto contento per quello che sono riusciti a combinare insieme, perché se avessimo vinto la Coppa Italia la avrei vinta anch’io, se fossimo entrati in Uefa attraverso il campionato ci sarei entrato anch’io, anche da infortunato. E poi so che ciò che hanno fatto loro nei mesi scorsi, lo stavo facendo io ad inizio campionato e l’avevo fatto pure l’anno prima, quindi sono tranquillo».

In effetti, insieme con Cassano, avevi fatto sfracelli…
«Con Antonio in campo siamo sempre stati sulla stessa lunghezza d’onda. Lo ha sempre sottolineato anche lui e questo mi fa molto piacere. Ciò non toglie che Giampaolo sia un grande giocatore e misurarmi con loro rappresenta per me un grandissimo stimolo. Resta il fatto che io mi alleno per giocare la domenica, non ho proprio in mente di allenarmi per non giocare: questo è lo stimolo che ho da sempre e porterò dentro fino alla fine».

Tu, Cassano, Pazzini ma non solo. Tra i centravanti c’è pure Guido Marilungo, un pivellino che non ha mai nascosto di ispirarsi a Claudio Bellucci.
«Mi rivedo in lui in tantissime cose, nella rabbia con cui gioca, nella grinta che ci mette per arrivare. Dipende tutto da lui, le doti e le caratteristiche per diventare un calciatore di Serie A ce le ha tutte. Io spero veramente che la fortuna gli dia una mano perché ne abbiamo bisogno tutti e ne avrà bisogno anche lui».

Ti senti un veterano di questa società? Una chioccia per il gruppo e un beniamino dei tifosi?
«Mi alleno sempre al massimo, al cento per cento, penso di essere un esempio silenzioso e darlo, l’esempio, ai più giovani. Qui di giovani ce ne sono tanti, ma non mi fanno sentire vecchio, anzi, a volte mi sento più ragazzino di loro. Essere qua adesso, dopo tanti anni, è molto bello. Sono sempre sul pezzo, a giocarmi le mie carte. La gente poi mi vede come uno che dà tutto in campo e questo non può che rendermi felice».

(Sampdoria.it, 19 luglio 2009)

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