Calmo, posato, riflessivo. Atleta esemplare, persona seria, riservata, mai una parola fuori posto. Barbara, Nicole, Mattia - la famiglia -, il calcio - il lavoro - e il computer - la passione che sarebbe potuta diventare mestiere dopo gli studi da programmatore. Il classico anti-divo che tutto sembra fuorché un giocatore di football del Terzo Millennio. Max Tonetto, trentatreenne esterno mancino della Roma, si trasforma una volta messi gli scarpini ai piedi: la pacatezza al di fuori del prato verde, della vita di tutti i giorni, si fa da parte e lascia posto, per poco più di novanta minuti, alla furia, all'impeto perpetuo e costante di quelle sue ficcanti sgroppate sulla corsia di sinistra. Veloce, forte, travolgente, come la Bora che soffia a nordest, dalle sue parti.
Nell'estate del 2004, in punta di piedi e a costo zero dal Lecce di Delio Rossi, quel triestino che si stava avvicinando alla trentina arrivò al Doria, accompagnato da qualche scetticismo di troppo. Allora, ai più, il nome Tonetto non solleticava alcuna fantasia, anzi: non diceva proprio nulla. Discreto mancino, discreto curriculum tra A e B - che pareva aver toccato il culmine con l'effimero ingresso nell'orbita-Milan alla fine degli anni '90 -, una carriera avviata oramai ad un tranquillo epilogo, magari con un ruolo da comprimario. Niente di più. Il duttile terzino, che aveva sfiorato il blucerchiato all'epoca di Luciano Spalletti, sembrava infatti rientrare a pieno titolo in quella garroniana politica societaria degli acquisti a parametro zero, di secondo piano, da squadre di medio-bassa classifica, destinati a scampoli di carriera o poco altro. In realtà, nel biennio doriano, Tonetto sovvertì i pronostici e, convincendo anche il più mugugnone dei tifosi, divenne un punto fermo, una pedina inamovibile nello scacchiere di Walter Novellino. Coperto in difesa dall'emergente Pisano, il mister di Montemarano, fin dai primi giorni del ritiro di Moena, dirottò l'eclettico Max sulla linea dei centrocampisti: quarto di sinistra, posizione rivestita in passato, in mediane a 5, ma mai in un 4-4-2. L'intuizione dolomitica si rivelò felice, andò oltre le più rosee previsioni. Una forma fisica eccellente abbinata ad un rendimento altissimo consentirono al mancino friulano di disputare le migliori stagioni di sempre, di finire nel novero dei migliori esterni italiani e di segnare addirittura 8 gol - tutti di pregevole fattura - in due campionati - quasi quanti ne aveva realizzati negli antecedenti dodici da professionista.
Al termine di un finale di 2005-06 deprimente per la squadra ed in leggero calo sul piano personale, non trovato l'accordo per il rinnovo con i dirigenti blucerchiati e svincolato nuovamente, Tonetto finì alla Roma di Spalletti - suo tecnico a Empoli - dove oggi, tornato alle origini di terzino, conquistato l’azzurro - l’esordio lo scorso 2 giugno contro le Fær Øer - e una Coppa Italia, continua a spingere, spirare ancora, più forte di prima. Come la Bora dalle sue parti.
Federico Berlingheri
mercoledì 23 gennaio 2008
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1 commento:
"Max Tonetto (...) si trasforma una volta messi gli scarpini ai piedi: la pacatezza al di fuori del prato verde (...) si fa da parte e lascia posto" a reazioni come quelle di ieri sera, reazioni che, ad essere sincero, mi hanno sorpreso, oltretutto dopo aver preso a calci Antonio per tutta la partita e al primo e unico fallo subìto. Da te, Max, non me lo sarei aspettato.
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