venerdì 25 gennaio 2008

Enrico Chiesa, l'ex pivello sul Sunset Boulevard

Con un intero girone d’andata appena concluso, vedere che Enrico Chiesa, un tipo da 138 reti in Serie A, quarto miglior cannoniere in attività dopo Totti, Del Piero e Montella, abbia ancora uno zero alla voce “gol segnati” suona strano, parecchio strano. Così come suona strano, parecchio strano che a quella “minuti giocati” compaia a tutt’oggi un deprimente e malinconico 62.
Sarà l'età che avanza imperterrita - lo scorso 29 dicembre ha compiuto trentasette anni -, saranno le incomprensioni tecnico-tattiche con Mandolini prima e col rientrante Beretta poi, sarà l'abitudine alla panchina o - assai di sovente - alle poltroncine della tribuna. Fatto sta che, al suo quinto anno a Siena, non è mistero che il più forte calciatore ligure di tutti i tempi - il quale, ovunque abbia giocato, di gol ne ha sempre fatti a caterve - stia attraversando il periodo più buio e nefasto della sua carriera.

A secco dal 9 aprile di due campionati fa (Siena-Lazio 2-3), sembra trascorsa una vita intera da quella magica stagione da Re Mida blucerchiato, in cui quel bravo centravanti di Mignanego, cresciuto nel Pontedecimo e reduce da due buone annate a Modena (Serie B) e Cremona (Serie A), esplose letteralmente, consacrandosi campione, agli ordini di Sven-Göran Eriksson e al fianco di Roberto Mancini. Correva l'anno 1995-96 ed Enrico Chiesa, classe 1970, non era più un ragazzino. Mancavano poco più di tre settimane al suo venticinquesimo compleanno quando, il 3 dicembre '95, al “San Nicola” di Bari, segnò i suoi primi centri stagionali, la sua prima tripletta in maglia doriana. Era la dodicesima giornata. Fino ad allora, il numero 20 genovese era rimasto a secco, ma da quel felice pomeriggio non si fermò più. Di lì alla fine, entrò infatti nel tabellino dei marcatori in altre diciannove occasioni, tanto che, in totale, i centri furono 22 in 27 partite: una media-gol spaventosa.

Destro, sinistro, di testa, al volo, da fuori area, di rapina, di classe: il fornitissimo repertorio del tanto rapido quanto potente attaccante blucerchiato parlava chiaro. Era nata una stella nel firmamento del calcio italiano, astro che attirò su di sé le attenzioni di molti, in particolare quelle del Parma dei Tanzi. Dopo quell'unico, strepitoso campionato - avaro di traguardi europei per il Doria ma allietato sul piano personale dalla convocazione al britannico Euro '96 - Chiesa partì subito alla volta della città di Maria Luigia in cambio di parecchi miliardi di lire.

Ma, ancora oggi, i suoi 22 gol e soprattutto le memorabili doppiette rifilate a Juve, Inter e Milan - che fruttarono un tris di esaltanti vittorie - restano magie, prodezze indelebili negli occhi e nei cuori dei sampdoriani, che quel pivello di Mignanego lo avevano visto esordire in A, appena maggiorenne, il 16 aprile '89 (Roma-Samp 1-0) e gonfiare per la prima volta la rete, a Marassi, nel 3-1 sull'Ancona del 7 febbraio '93. Domani, proprio tra i quattro torrioni rosso scarlatto del “Ferraris”, l’oramai trentasettenne Enrico Chiesa rischiano invece di non trovarselo proprio. E forse, in campo, con gli scarpini tacchettati ai piedi, non lo ritroveranno mai. Anche perché - come insegnano Elio e le Storie Tese - il viale del tramonto si percorre a piedi nudi.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 25 gennaio 2008)

Nessun commento: