giovedì 6 marzo 2008

Falcone, il difensore-gentiluomo recordman di rossi

Giulio Falcone non è un difensore cattivo. Anzi. Eppure quegli undici cartellini rossi in poco più di trecentosessanta presenze in Serie A farebbero pensare il contrario. Sarà per via del suo carisma, di quel piglio da leader e ultimo baluardo che l'ha sempre portato a prendersi carico di fermare - con le buone ma anche con le cattive - l'avversario lanciato a rete; sarà per colpa dell'ultima sciagurata stagione in maglia blucerchiata condita addirittura da tre rossi diretti per gioco scorretto; sarà soprattutto l'aver militato per tutto l'arco della propria carriera in squadre come Torino, Fiorentina, Bologna e Sampdoria, notoriamente considerate di “seconda fascia” e non proprio “tutelate” dalle giacchette nere. Fatto sta che il quasi trentaquattrenne centrale teramano ora al Parma resta il calciatore in attività più espulso del campionato italiano.

Un record, questo, tutt'altro che invidiabile, ma non in grado di ingannare chi ha potuto, negli ultimi quattro anni, apprezzare il Falcone doriano. A smentire la cruda freddezza di simili cifre, ci sono 111 presenze blucerchiate a dimostrarlo. Giulio è sempre stato un gentiluomo, sia in campo sia fuori. Professionista serio e corretto, persona assai intelligente, mai banale, che - merce assai rara nel mondo pallonaro moderno e contemporaneo - davanti a taccuini e telecamere ha sempre saputo sfoggiare un eloquio forbito e brillante.

Brillanti, senza ombra di dubbio, si rivelarono anche le prime due stagioni al Doria: in coppia con Mirko Conte o Carrozzieri nel 2003-04 e con Castellini nel 2004-05, Falcone toccò vette di rendimento mai raggiunte prima, guidando con autorevolezza una delle retroguardie meno battute della Serie A e facendo ricredere chi aveva storto il naso all'arrivo di quell'allora ventinovenne svincolato dal Bologna. Persino l'Inter pensò a lui per registrare la propria difesa e la cosa pareva fatta, senonché ci si mise di mezzo il destino: a Cagliari, il 10 aprile del 2005, il pelato numero 19 blucerchiato fu costretto ad abbandonare il campo in barella. La diagnosi si rivelò crudele: rottura del legamento crociato del ginocchio anteriore destro. Niente Inter, sì al rinnovo biennale con la Samp. Quelli che seguirono non furono mesi semplici. L'operazione, la rieducazione, le numerose difficoltà alle quali si aggiunsero altri guai muscolari: nel 2005-06 si contarono soltanto 18 presenze e, di rado, si ammirò il vero Falcone. Uno dei migliori difensori italiani degli ultimi tempi pareva, soltanto a trentuno anni, un calciatore in declino.

Di lui, però, non si scordò Donadoni, neo-commissario tecnico della Nazionale Campione del Mondo, che lo convocò - insieme coi compagni doriani Terlizzi, Zenoni, Delvecchio e Palombo - per l'amichevole livornese tra Italia e Croazia. La gioia dell'esordio in azzurro, a trentadue anni suonati e agli albori della sua quarta e ultima stagione genovese, sembrava la premessa ideale per l'inizio della rinascita, ma lo scorso campionato agli ordini di Novellino fu forse il più deludente, anche sul piano personale. Alcuni svarioni madornali e qualche - già citata - espulsione di troppo vennero pagati a caro prezzo e, in scadenza di contratto, la società preferì lasciarlo libero di accasarsi altrove. A farsi avanti fu il Parma di Ghirardi, dove, da inizio anno ad oggi, il miglior Falcone resta soltanto un tenue e sbiadito ricordo, che, probabilmente, non rivedremo più.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 6 marzo 2008)

2 commenti:

MAX ha detto...

Si hai proprio ragione, Falcone è stato ed è un Grande e poi figuriamoci le attenzioni rivolte alle squadre di terza fascia!

Federico ha detto...

Giulio lo ricordo sempre con affetto e, a quanto ne so, a gennaio sarebbe tornato a Genova molto volentieri.
Paradossalmente, domenica, s'è reso più efficace in avanti (sfiorando due volte il gol) piuttosto che dietro.
Torna a trovarmi quando ti va...
A presto, F.