sabato 22 marzo 2008

Giovanni Tedesco e le sue scelte del cuore

Sarà ricordato come il capitano della promozione negata. Sarà ricordato come il condottiero che non abbandonò il vascello che stava affondando nei torbidi mari della terza serie. Durò soltanto lo spazio di due anni la sua convivenza in rossoblù, ma al Genoa Giovanni Tedesco riuscì comunque ad entrare nei cuori della gente. Dal gennaio 2004 al gennaio 2006, 79 presenze e 9 gol, tanta corsa e dedizione, quantità abbinata a qualità. Il piccolo mediano palermitano era un tipo tosto, da Grifo, uno di quelli che si fanno in quattro per la squadra, uno di quelli che lottano e non mollano mai. Uno di quelli che il pubblico fa presto ad eleggere proprio beniamino.

Eppure, acquistato dopo cinque annate ad alti livelli, in massima serie, nel Perugia, l'ex leader e capitano degli umbri dei Gaucci faticò non poco ad inserirsi negli schemi dell'allora mister Gigi De Canio. Il Genoa navigava in brutte acque: servivano esperienza e carisma per tirarsi fuori dalle secche della zona retrocessione. Tedesco, immediatamente nominato capitano, diede sì il proprio autorevole contributo ma non decisivo come ci si aspettava.

Meglio, senza possibilità di smentita, la stagione successiva quando, saltato De Canio a fine agosto, sulla panchina del Grifone si sedette Serse Cosmi, suo maestro ai tempi di Perugia. Il ritrovato connubio, anche all'ombra della Lanterna, si rivelò felice - almeno fino alla caldissima estate del 2005 -; Giovanni conservò la fascia di capitano e, attivissimo factotum, prese per mano quel Genoa in rotta verso il Paradiso. Sette centri - memorabili quegli inserimenti senza palla sul secondo palo che non lasciavano scampo al portiere avversario - nei primi cinque mesi di campionato. Roba da record per un centrocampista.

Lo strepitoso girone d'andata su livelli stratosferici lasciò però campo ad un ritorno ai limiti della sufficienza: il rendimento del navigato numero 4, anche a causa di una condizione fisica non proprio invidiabile e qualche acciacco di troppo, andò di pari passo con quello della squadra, che arrivò spompata e scarica all'epilogo stagionale.

La Serie A, conquistata comunque l'11 giugno con il 3-2 sullo spacciato Venezia, svanì ufficialmente il 27 luglio. I ricorsi e gli appelli che si susseguirono nei mesi a venire risultarono vani. Il Genoa era in C1. Nel fuggi fuggi generale di Neustift, capitan Tedesco e Marco Rossi - che a gennaio ne raccolse l'eredità - scelsero la strada del cuore. Il mediano siculo restò l'anima di quel Grifone offeso e ferito fino a quando, proprio durante gli ultimi istanti della sessione invernale del calciomercato, si fece avanti l'amato Palermo di Zamparini, ancora in corsa in Coppa Uefa. Il richiamo di casa e dell'Europa divennero irresistibili. A quasi 34 anni suonati quell'interessamento rosanero si materializzò come un ultimo treno.

Così, tra le lacrime di Pegli, il piccolo condottiero partì. “Questione di cuore” si disse e si scrisse. E i genoani, che di cuori grandi così se ne intendono, loro malgrado compresero, ringraziandolo e augurandogli buona sorte.

Federico Berlingheri
(Goal.com, 21 marzo 2008)

Nessun commento: