Di quel suo Genoa fantasma, in queste pagine, se ne è già trattato in un sacco di occasioni. Di lui, però, non ancora, e la sfida di questo pomeriggio al “Renzo Barbera” sembrerebbe - Zamparini permettendo… - l’occasione giusta per farlo. Palermo contro Genoa significa anche, per la prima volta dalla terribile canicola dell’estate del 2005, Francesco Guidolin contro il suo passato, il suo pur breve passato rossoblù. Neanche due mesi di convivenza, per essere precisi.
Era il tardo pomeriggio del 22 giugno quando, in quel di Milano, il presidente Enrico Preziosi fece firmare al mister veneto, fresco fresco di sesto posto e storica qualificazione Uefa coi rosanero palermitani, un oneroso contratto biennale. L’ormai ex Serse Cosmi si era congedato da qualche ora dalla panchina rossoblù, mentre il Grifone, appena promosso in massima serie, si barcamenava già nell’occhio del ciclone per il fattaccio Genoa-Venezia. Non si curò troppo della situazione contingente, Guidolin: il giorno dopo la fumata bianca, passeggiava già per il centro sportivo di Pegli, al fianco dello stesso presidente e del diggì Capozucca. Al “Signorini” centinaia di tifosi ma, sugli spalti, non si respirava affatto un’atmosfera di festa.
Un Joker incazzato nero - parole sue - introdusse, in aperta polemica con Cosmi, il tecnico della scuderia Gea sottolineandone l’attitudine ad allenare soltanto i giocatori. Dipinto da molti come falso modesto, il Pretino di Castelfranco, dal canto suo, si presentò con l’etichetta di novello Bagnoli (mister che, all’Hellas Verona, lo formò come uomo e come calciatore) e, nonostante la pendente mazzata della giustizia sportiva, non poté che dichiararsi sereno in chiave futura. “Sono fiducioso - spiegò ai cronisti accorsi a Villa Rostan -; mi trovo qui perché ho ricevuto ampie assicurazioni dalla società”.
In questo senso, gli ingaggi di Christian Abbiati, Maurizio Lanzaro, Marjan Markovic, Alessandro Parisi, Diego De Ascentis ed Ezequiel Lavezzi, la permanenza del Principe Milito e l’imminente arrivo di André Oojier parlavano chiaro e sembravano costituire ulteriori, importanti garanzie. La mano pesante del Palazzo andò però a turbare ulteriormente il ritiro tirolese di Neustift. Era ormai metà luglio e s’incominciò a parlare di Serie C.
Guidolin, il suo staff e il nuovo gruppo genoano proseguirono la preparazione in val Stubai lontano dai processi, dai clamori della stampa e dai tumulti cittadini, ma qualcosa scricchiolava già. Nelle pagine dei quotidiani di quei giorni pochi schemi, tanta cronaca giudiziaria: sentenze, dibattimenti e ricorsi si rincorsero fino al funesto 20 di agosto. Il Genoa finiva definitivamente in terza serie; Francesco Guidolin, senza mai allenare una partita ufficiale, concludeva sconsolato la sua avventura alla guida del Vecchio Balordo e dava inizio ad una diaspora senza precedenti.
“È la vita” sussurrò nell’ultima intervista rilasciata col Grifo sul cuore. Vita, da quel momento in avanti, tutt’altro che tranquilla, che, in modo beffardo, tra esoneri e ritorni di fiamma, lo ha condotto sulla panchina del Palermo zampariniano in altre tre occasioni; vita che, oggi - rosanero forse per l’ultima volta - lo rimetterà di fronte al Genoa, casa sua per neanche tre mesi in quella movimentata estate 2005.
Federico Berlingheri
(Il Giornale, 22 marzo 2008)
sabato 22 marzo 2008
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